Covid, Pasqua e crisi per l’agricoltura

A fare il punto della situazione è la Confederazione italiana agricoltori regionale: «Per il settore agrituristico perdite del 100%»

Condividi questo articolo su

Latte ovino, agnelli invenduti, florovivaismo e agriturismi. Una Pasqua da dimenticare anche in Umbria per il settore a causa dell’emergenza sanitara legata al covid-19: a fare il punto dopo le festività pasquali è la Confederazione italiana agricoltori regionale. «Facciamo un appello affinché si sospendano al più presto le imposte locali, in primis Imu e Tari», l’appello del presidente Matteo Bartolini.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Agnelli, -35%

Diverse le segnalazioni giunte alla Cia. Per quel che concerne il latte ovino i produttori «segnalano il mancato ritiro da parte dei caseifici, molti dei quali hanno cessato o ridotto pesantemente l’acquisto della materia prima per la produzione dei formaggi. Il mancato ritiro del latte ovino è la conseguenza della diminuzione della richiesta di formaggi sul mercato, vista lo stop del settore Horeca, in primis i ristoranti. Il prodotto resta nei caseifici e non si vende. Di conseguenza, niente più ritiro del latte. E le poche aziende che ancora riescono a vendere, devono sottostare a un prezzo mortificante, crollato a 0,60 centesimi al litro (1,20 euro prima della pandemia)». Crollo anche per gli agnelli: «Una Pasqua – sottolinea la Cia – col segno meno anche per gli allevatori di agnelli e capretti. Le misure restrittive adottate per fronteggiare il Coronavirus hanno causato il calo drastico della domanda, a cominciare da ristoranti e agriturismi chiusi. Anche i macellai hanno ridotto gli acquisti per evitare perdite economiche dovute ad una limitata clientela in circolazione: in Umbria il calo è stato del 35% rispetto al 2009, in linea con il dato nazionale. Un problema che non è stato possibile risolvere neanche con la consegna a domicilio, essendo un prodotto ad alta deteriorabilità. In calo anche il prezzo, ridotto quasi del 50% rispetto allo scorso anno (da 4,50 euro al chilo di un anno fa a 2,50 di oggi), senza considerare che per proporre al consumatore finale il prodotto a basso costo, moltissimi agnelli venduti sul mercato regionale e nazionale, sono di origine ungherese e rumena. Inoltre, gli agnelli che restano in capo all’allevatore rappresentano una spesa insostenibile, soprattutto se maschi, perché non possono essere destinati alla produzione di latte».

Florovivaismo e agricoltura

Fiori e piante, male. «Non solo il settore – continua la Cia – è stato riaperto con un mese di ritardo rispetto ad altre attività, perdendo marzo, periodo cruciale per la manutenzione di giardini e terrazzi, ma si continua a vivere una situazione pesante in quanto resta ad oggi fermo un intero indotto di clienti: niente celebrazioni religiose (comunioni, cresime, matrimoni), niente visite ad amici e parenti a cui portare in dono una pianta o un mazzo di fiori. Risultato, una montagna di fiori gettati al macero. Si pensi anche a quei vivai che, per gli hobbisti (agricoltori senza Partita Iva) avevano preparato le piantine per l’orto, poco distanti da casa, che però non potevano coltivare». Si passa agli agriturismi: «La perdita nel settore agrituristico è del 100%. Zero turisti, zero prenotazioni, zero incassi. I titolari delle strutture ricettive della campagna umbra hanno dovuto salutare con tristezza l’abitudine consolidata per molti vacanzieri di trascorrere Pasqua e Pasquetta in campagna, assaporando i prodotti locali e la bellezza del paesaggio. Solitamente, la Pasqua rappresentava l’apertura ufficiale della stagione turistica, che continuava poi con la ricorrenza del 25 aprile e del 1° maggio. Ma anche per quella data, non ci sarà nessuna ripresa».

Il lavoro e l’appello

Inevitabili problemi anche per il lavoro nei campi: «Oggi rischia di saltare per la mancanza di manodopera, soprattutto nel settore del tabacco e della raccolta degli ortaggi estivi. Le misure – puntualizza la Cia – restrittive impongono la quarantena domestica a chiunque non sia un lavoratore con partita Iva o un dipendente. Molti operai, in questo periodo, arrivavano dalla Romania per una sola stagione di lavoro e poi ripartire. Oggi, questo non sarà consentito e, anche se sono diverse le iniziative in campo per tentare di trovare manodopera italiana sfruttando l’allarme disoccupazione nazionale, il problema è e rimane soprattutto culturale. I nostri agricoltori faticano a trovare manodopera italiana perché il lavoro agricolo è ancora considerato una mansione squalificante e poco gratificante a livello sociale». Bartolini chiede interventi: «Questa emergenza economica deve essere affrontata con la giusta sensibilità. Per gli agriturismi, soprattutto, il ragionamento è semplice: se non avranno presenze turistiche, non produrranno rifiuti, per cui risulterebbe iniqua la Tari. Per quanto riguarda gli agnelli invenduti, come Cia Umbria lancio un appello alla grande distribuzione, affinché si scelga di acquistare dalle aziende umbre. Si deve evitare l’abbattimento di questi animali e trovare al più presto una modalità di ritiro e consumo della carne di agnello invenduta, pensando di destinarla alle strutture sanitarie pubbliche, all’industria dell’alimentazione infantile o al pet food. Dobbiamo pensare a una rete di sicurezza, una safety net, per quelle produzioni alimentari – conclude – che restano invendute in questa drammatica fase».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli