di M.T.
Ufficialmente tutto è cominciato 638 giorni fa, il 3 luglio del 2014, quando una nota aziendale informava che «l’assemblea degli azionisti ha accolto la richiesta dell’ingegner Marco Pucci (che si era dimesso da amministratore delegato della ThyssenKrupp Ast; ndr)». L’assemblea, lo stesso giorno, aveva nominato due nuovi membri del Cda: Lucia Morselli – al posto di Pucci come amministratore delegato – e Torsten Schlüter, consigliere delegato per il commerciale e marketing.

Lavoro ‘nero’ Ma Lucia Morselli, in verità, alle acciaierie di Terni stava lavorando già da qualche mese, seppur priva di incarichi ufficiali, per mettere a punto quel piano industriale che, annunciava l’assemblea, «è intenzione della società presentarlo in luglio».
Il piano E, infatti, il 17 di quel mese di luglio ai sindacalisti si erano drizzati i capelli in testa: perché Joachin Limberg, che la ThyssenKrupp aveva spedito a Terni ad illustrare il piano, aveva spiegato che «gli obiettivi sono definiti e se volete possiamo analizzare i dettagli». La produzione di acciaio fuso, aveva detto, sarebbe proseguita su entrambi i forni attivi a Terni. Ma su uno dei due si sarebbero fatti dei lavori in grado di aumentarne la capacità produttiva da 650mila tonnellate all’anno, ad un milione. Per poi spegnere il secondo. «Ma è semplicemente impossibile che ciò avvenga – diceva allora Riccardo Marcelli, della Fim Cisl – perché un forno non potrà mai raggiungere quelle potenzialità e siccome ci hanno anche detto che la produzione di ‘freddo’ dovrebbe attestarsi tra le 450 e le 520mila tonnellate annue, noi pensiamo che il forno che resterebbe acceso servirebbe solo, al netto degli scarti di lavorazione, ad alimentare quella produzione».

Tagli al personale Il piano, peraltro, prevedeva risparmi per 100 milioni l’anno, e la fuoriuscita dal ciclo produttivo di circa 550 persone. E, tanto per cominciare, la risposta alla ThyssenKrupp ed al piano industriale era stato uno sciopero – il primo di una vertenza drammatica, che sarebbe durata 140 giorni – motivato anche dal fatto che, dicevano i sindacati, «i numeri esposti dall’ad Lucia Morselli sono sbagliati». Già, dicevano proprio così.

La vertenza Poi è successo di tutto: una vertenza sanguinosa – in tutti i sensi, visto che è culminata con una carica della polizia, che ha preso a manganellate i lavoratori – e a volte surreale, con la stessa Morselli che si è presentata in piena notte ai cancelli della ThyssenKrupp Ast tra i lavoratori in sciopero. Poi i blocchi stradali, i ‘viaggi della speranza’ al parlamento europeo e, infine, l’accordo grazie al quale, dal 3 dicembre del 2014, le acciaierie di Terni sono scese sotto i 2.400 addetti (minimo storico), ma non si sono più fermate per una sola ora di sciopero. Ma si sono fermate e si fermano – tutti i mesi e per più giorni – secondo i desiderata aziendali.
La strategia Quella messa in atto dall’ormai ex amministratore delegato è stata una strategia – certamente concordata e spesso guidata da Essen, sicuramente gradita al governo romano (è stata inserita, scrive Siderweb, tra i candidati della Cassa depositi e prestiti per il Cda della Snam) e a volte mal digerita da un’altra ‘donna forte’ come la presidente della Regione Umbria – che non ha dato scampo e che – anche grazie a forti spallate giudiziarie – ha sortito gli effetti che Lucia Morselli aveva chiari in mente fin dall’inizio. E che forse altri, invece, non sono riusciti ad intuire in tempo. O forse sì.
IL FACCIA A FACCIA TRA LUCIA MORSELLI E SUSANNA CAMUSSO – IL VIDEO

Il futuro E proprio per questo può essere che in questo giovedì 31 di marzo, ultimo giorno di lavoro alla ThyssenKrupp Ast per Lucia Morselli – da venerdì sulla targhetta fuori dalla porta metteranno il nome di Massimiliano Burelli (che secondo la lady d’acciaio avrà un compito più facile del suo) a cui spetterà di gestire la ‘fase 2’ del progetto che ThyssenKrupp ha (perché ce l’ha di sicuro già bello e pronto) per Ast – è forse ancora troppo presto per dare una valutazione compiuta su questi 638 giorni, ma un fatto è certo: dopo il suo passaggio la fabbrica ternana non è e non sarà mai più la stessa.