L.P.
La Regione ha deciso di fare sul serio. O, almeno, così sembra. L’obiettivo, contenuto nella delibera approvata a fine gennaio è chiaro: l’Umbria deve arrivare a raggiungere il 60% di raccolta differenziata in tutta la regione.
Le percentuali Un obiettivo che è subito sembrato molto ambizioso, considerando soprattutto che, da Città di Castello a Terni, passando per Perugia, Orvieto, Assisi e Amelia, le percentuali attualmente raggiunte sono al quanto disomogenee. Si passa quindi da un 51,4 % nell’Ati 1 al 60% nell’Ati 2, dal 43,4% dell’Ati 3 al drastico 39,4 dell’Ati 4. Le misure, decise dal governo regionale, dovranno ora essere messe in pratica dai comuni: riorganizzazione dei servizi di raccolta domiciliare, sperimentazione della tariffa puntuale, rinegoziazione dei contratti di servizio con i gestori. Altrimenti scatteranno i commissari ad acta nominati dalla Regione che ha comunque messo in conto di accelerare anche con la costituzione dell’Auri, l’autorità unica per il servizio idrico e i rifiuti.

‘Rifiuti Zero’ «Una decisione apprezzabile» commentano dal Coordinamento regionale Umbria Rifiuti zero, ma che tuttavia preoccupa. «Nell’adeguamento del piano regionale gestione rifiuti – scrive in una nota il Coordinamento – è prevista la trasformazione degli impianti di selezione e trattamento meccanico biologico già esistenti in Umbria in impianti di produzione di CSS, combustibile solido secondario, invece di aggiornarli per renderli in grado di recuperare ulteriore materia da riciclare e diminuire così la nostra bolletta dei rifiuti che ora è tra le più care d’Italia».
Revisione del piano La scelta di puntare alla produzione di Css, appare quindi in contrasto con la necessità di massimizzare il recupero di materia e di portare la raccolta differenziata a percentuali maggiori dell’85%, percentuali già raggiunte dalle più virtuose realtà italiane. «Solo così infatti è possibile minimizzare il ricorso alle discariche e nel contempo rispettare le indicazioni europee per una economia circolare. Quindi auspichiamo una più radicale e partecipata revisione del piano regionale rifiuti anche alla luce delle interdittive antimafia che hanno colpito alcuni dei principali gestori umbri» scrivono ancora dal comitato.
‘Soglia irraggiungibile’ Un ulteriore limite, secondo l’Osservatorio Borgo Giglione, risiederebbe invece nella

mancanza di adeguati finanziamenti per i comuni più in difficoltà. Già da quando il Piano regionale dei rifiuti del 2009 è stato adeguato, lo scorso anno, è risultato evidente che i comuni più in difficoltà non sono riusciti a raggiungere la soglia prevista di differenziata nonostante il differimento dele tempistiche. «Ora – scrivono in una nota – i vertici regionali scaricano le responsabilità sugli amministratori dei comuni, ma l’impegno della Regione quale sarà?».«I giochini non ci appassionano più – proseguono nel documento – e nemmeno le statistiche vuote: se non si implementano gli impianti di recupero e riciclo, se gran parte dei rifiuti finisce comunque in discarica o dentro gli inceneritori, come convincere i cittadini che la raccolta differenziata serve davvero?».
Commissione regionale E intanto proseguono i lavori della commissione d’inchiesta regionale per far luce sull’intera gestione dei rifiuti in Umbria. «Servono ulteriori approfondimenti», è questa la richiesta avanzata dal consigliere Ricci che fa sapere di aver presentato una mozione per chiedere la verifica del piano di controllo della discarica di Pietramelina per controllare la presenza di eventuali materiali non autorizzati. Vista l’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Perugia per Gesenu, secondo Ricci «emergono, in ipotesi, situazioni tali da rendere doveroso un approfondimento tecnico» su quella discarica che, avviata nel 1983, ha una capacità totale di 2 milioni e 768 mila metri cubi di rifiuti.