L.P.
Chi lo avrebbe mai detto che a chiedere il tanto auspicato rinnovamento sarebbe stata quella parte del partito democratico piĂ¹ legata ai vecchi concetti della politica e un po’ nostalgica della Democrazia Cristiana? E chi lo avrebbe mai detto che le nomine dei vertici della sanitĂ , tema caldo delle ultime settimane, venissero fatte in assenza dell’assessore competente? E, ancora, chi avrebbe anche solo immaginato che il passo falso forse precursore di una crisi piĂ¹ grossa di quanto qualcuno vagheggi – o auspichi – sarebbe arrivato proprio su una delle questioni su cui il Pd si sarebbe dovuto sentire in una botte di ferro?

Il giorno dopo è sempre quello delle riflessioni, a mente lucida. Sono infatti arrivate ‘il giorno dopo’ le dimissioni dell’assessore, dopo la minaccia e il dietrofront di martedì, mentre andava in scena un consiglio regionale che, per dirla con il savoir faire del leghista Fiorini, assomigliava piĂ¹ a un circo che a una riunione dell’assemblea legislativa. Il giorno dopo è quello che inizia con la foto di Nelson, l’unico cane da guardia che l’assessore Barberini afferma di avere e finisce con una polemica al vetriolo, quella tra Eros Brega e il sindaco di Terni Leopoldo di Girolamo e, immancabile, la promessa ‘della veritĂ , nient’altro che la verità ’ sull’affaire Barberini, come anticipato dalla Marini nel suo commiato dall’assessore.
In mezzo, poi, c’è di tutto. Dalla richiesta delle opposizioni di tornare al voto fino al ‘ gioco del nascondino’ dei vari esponenti del Pd. Solo note ufficiali, oggi a Perugia nessuno ha voglia di parlare. Qualcuno lo fa su Facebook, se è vero che da martedì sera la cosiddetta corrente ‘bocciana’ ha dato avvio a una vera e propria rappresaglia contro un metodo e contro l’unico nemico del rinnovamento: Catiuscia Marini. Neanche 24 ore fa, intercettata a palazzo dei Priori, la presidente della Regione scherzava e ironizzava affermando che la giunta godesse di ottima salute. Oggi non tutti ci metterebbero la mano sul fuoco. Che il Pd sia diviso in due è ormai sotto gli occhi di tutti, da una parte i filo bocciani, dall’altra tutti gli altri, nonostante anche qui le sfumature siano diverse. Se pubblicamente la posizione ufficiale è ‘lavoriamo per ricucire lo strappo, le divisioni interne possono essere superate’, in realtĂ a crederci sono ormai pochi.
A crearla, la frattura, è stato forse un nome non fatto, dicono i piĂ¹ esperti. Se il problema fosse stato solo il

direttore dell’azienda ospedaliera di Perugia, Walter Orlandi, allora Barberini si sarebbe dimesso giĂ ieri mattina. E invece no, c’è qualcosa di piĂ¹ profondo, che va ricercato nel ‘metodo Marini’ portato avanti ‘senza se e senza ma’ come a voler sfidare gli stessi suoi compagni di partito. Delle nomine, in sĂ© e per sĂ©, in realtĂ importa poco a tutti. A rompersi è stata quella delicata questione di rapporti e di equilibri, dunque, che preoccupa ancora piĂ¹ dei nuovi vertici della sanitĂ umbra che dovranno fare i conti con i veri problemi dei cittadini, dalle barelle in corsia alle lunghe file per le prenotazioni. E che la sanitĂ sia quasi l’80 per cento del bilancio della regione chi se ne importa, insomma, dal momento che la legge assegna ai direttori ampissimi poteri. A fare il danno, insomma, è stata questa smania di potere e di voler decidere e andare avanti a tutti i costi, senza accontentare tutti. E se questo fosse il preludio di una vera e propria fuga di massa, qualora la corrente legata al sottosegretario decida di fare sul serio, si vedrĂ . Si scrive rinnovamento, si legge rottura insomma. E forse stavolta anche la Marini sembrerebbe averlo capito.