Teatro Verdi di Terni: progetto dimenticato

Lo ricorda l’architetto Carlo Giani: «Ad abbozzarlo fu un maestro come Mario Botta, ma il Comune lo trascurò e credo che nessuno lo abbia mai nemmeno ringraziato»

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di Marco Torricelli

Sul ‘nuovo’ teatro Verdi le posizioni in campo sono decisamente radicalizzate. Tutte trascurando, però, che un altro progetto – quanto meno abbozzato – era già stato fatto pervenire, qualche anno fa, al Comune di Terni. E a realizzarlo non era stato un architetto qualsiasi. Perché a ‘buttar giù’ un’idea di massima – che poi tanto di massima non era – fu Mario Botta, un’autentica celebrità internazionale, ed a raccontare come andò è l’architetto Carlo Giani.

Mario Botta

Botta a Terni «Tutto risale al 2012 – dice Giani – quando l’Inarch Umbria nelle figure di Mino Lo Russo come presidente e Paolo Luccioni come vice presidente, riuscirono a portare a Terni l’architetto Mario Botta per una conferenza illustrativa sui suoi ultimi lavori, un ‘Discorso sull’architettura’ che si è tenuto a palazzo Gazzoli. Era in fase di gestazione da parte dell’amministrazione comunale la decisione sul bando per il Verdi e sulle principali aree pubbliche cittadine. Sarebbe stato estremamente interessante coinvolgere un grande nome rispetto la realizzazione di parti importanti della città, quindi fu organizzato l’incontro con sindaco e con gli sssessori competenti i quali risposero inizialmente con interesse».

L’architetto Botta nel suo studio di Mendrisio

Le visite L’architetto Botta fu portato a vedere il Verdi, l’area dello stadio e la Cascata delle Marmore: «Era il primo passo per costruire un percorso di gara – dice Carlo Giani – legato alla progettazione di questi nodi irrisolti della città. Dopo soli quindici giorni, con precisione svizzera, l’architetto ticinese inviò una prima idea di progetto per il teatro Verdi, logicamente una prima idea che dimostrava la piena disponibilità da parte del progettista. Ciò non costituì una fattiva accelerazione del predisporre gli idonei bandi di gara, ma la pubblicazione del bando solo per la parte strutturale. Da Mendrisio giunse la rinuncia alla partecipazione in quanto studio di architettura e non in possesso dei requisiti richiesti per la parte strutturale. Non credo che nessuno abbia mai ringraziato Mario Botta dell’idea inviata. Oggi assistendo al riaccendersi delle discussioni, ai vari atteggiamenti credo sia ancora più doloroso ricordare tutto ciò, il tentativo di portare una grande firma dell’architettura contemporanea in città, avrebbe certamente giovato a tutti noi».

L’idea di Mario Botta

Progettare la parte strutturale, tralasciando quella architettonica e riservandosi di farlo in un secondo momento, è – dal punto di vista di un architetto – un’idea praticabile e, soprattutto, funzionale? «E’ totalmente illogico, non è possibile portare alla fase esecutiva un progetto strutturale senza avere, con pari livello di approfondimento, la progettazione architettonica. E’ come se ipotizzassimo, nei dettagli più minuti, lo scheletro di un corpo non sapendo se questo deve sostenere un bambino una balena o un uccello. C’è una indissolubile compenetrazione fra i due livelli di progettazione, in genere l’idea spaziale “architettonica” precede l’individuazione degli elementi che la sostengono, d’altro canto una buona intuizione strutturale può conformare o addirittura generare dei buoni valori spaziali, in genere si riesce ad ottenere un buon risultato quando le due fasi si agganciano correttamente. Ma vede la realtà, che in quei momenti emerse, era diversa, non riguardava tanto l’illogicità nella conduzione delle varie progettazioni, ma bensì che di fatto il progetto architettonico esisteva ed era stato redatto autonomamente dall’assessorato. Serviva solo di mandare a gara la parte strutturale con i relativi lavori, tanto più che la cifra disponibile era sufficiente a sostenere solo questa fase di lavori. Gli enti pubblici hanno pieno diritto di redigere progettazioni con professionisti interni, ma forse bisognava dirlo e poi progettazioni così importanti sarebbe bene assegnarle al vincitore di un concorso pubblico».

Una ‘vista’ di Mario Botta

L’unico ‘borsellino’ al quale si immagina di poter attingere con certezza – a parte ipotesi al momento non conosciute – è quello della Fondazione Carit, che però ha già fatto chiaramente intendere di non avere nessuna intenzione di impegnarsi per somme elevate come quelle in ballo. Come se ne esce? «Mi sembra corretto vedere la Fondazione Carit come sponda finanziaria della città, anche se ingessata da uno statuto abbastanza rigido, e soprattutto nel momento attuale di profonda crisi economica. Più che come borsellino da cui attingere sarebbe già sufficiente vederla come fondo di garanzia su cui costruire piani finanziari con la loro autonomia, programmi finanziari con chiari rientri economici anche se con tempi lunghi di rientro».

Un ‘ipotesi’ del teatro secondo Botta

Ora si discute fino allo sfinimento su ipotesi progettuali che, bene che andrà, costeranno milioni su milioni e rischiano comunque, ammesso che vedano la luce, di restituire un teatro alla città solo tra diversi anni. Esiste un’ipotesi alternativa? «Ha ragione si discute sino allo sfinimento, vedo una grande voglia di ricostruire la forma polettiana, di forzarla con attrezzature scenotecniche da “astronave”, di preventivi astronomici, di soluzioni alternative in aree esterne alla città, ma della cosa più semplice non parla nessuno. Il problema è restituire un teatro alla città, permetterci di assistere ad uno spettacolo teatrale, ad un concerto. Come giustamente tuona Sgarbi “giù le mani dal Verdi”, appunto ridateci quello che c’è. Mi sembra estremamente illogico far partire un programma di totale rifacimento con preventivi che superano i 15 milioni di costo quando mi risulta che ci sia una previsione reale di appena 3 milioni di disponibilità. Abbiamo già assistito a cantieri “eterni” che hanno rincorso i finanziamenti mentre la città aspettava. La Bibliomediateca doveva porci al centro del mondo, poi ha accolto la nostra Biblioteca, così il Centro Multimediale, così Papigno con gli studi cinematografici, San Valentino, eccetera. Evitiamo che il Verdi si aggiunga a questa lunga lista. Vengano usati i fondi disponibili per rimettere a norma quello che esiste, non mi risulta che ci siano seri problemi strutturali, si metta in sicurezza la normativa antincendio e tutti gli spazi di servizio al palcoscenico e se dovessero avanzare dei soldi si risistemino gli arredi principali. Dopo si organizzi un grande concerto di inaugurazione. Quando ci saranno i soldi per rinnovare il Verdi e dotare la città del migliore teatro del mondo si indica una gara di progettazione e vinca il migliore».

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