di Elisa Marioni
Sala dei Notari gremita ben prima delle 18 di venerdì, quando era atteso l’arrivo di Erri De Luca. Lo scrittore e giornalista napoletano ha fatto il pieno a Perugia, dove era ospite del Circolo dei Lettori per la presentazione del suo nuovo libro, ‘La natura esposta’. Tema dell’incontro, ‘il limite come soglia calpestabile’: un titolo criptico che l’autore ha sviscerato attraverso le più svariate metafore, alleggerendo il tutto con qualche battuta. «Il limite è il nostro atteggiamento rispetto a quello che abbiamo incontro – ha spiegato a margine – è un confine che può essere superato».
Migranti come ‘scalatori’ Immancabile uno dei temi più cari allo scrittore, quello delle migrazioni. Il lungo monologo – durato quasi due ore – si è aperto proprio con l’accostamento dell’immagine del migrante che viene salvato in mare a quella dello scalatore, una delle attività preferite di De Luca. «Ho capito cosa significasse scalare – ha detto in uno dei passaggi più intensi – quando sono salito in una nave di Medici senza frontiere. Ho visto salire 800 facce di persone raccolte da gommoni alla deriva, imbarcazioni lunghe 10 metri con una sola camera d’aria con circa 150 persone in media, spostati da un motore di 40 cavalli. Salgono la scala di corda aiutati, uno alla volta. Anche i più giovani dopo giorni di viaggio non ce la fanno. Sono abituato a vedere facce di alpinisti che scalano, ma ho conosciuto una nuova definizione del verbo scalare».
ERRI DE LUCA: «LE ONG SONO STATE DIFFAMATE» – L’INTERVISTA
Le scritture sacre Inedita, per molti dei lettori seduti in sala, era invece la passione di De Luca per le sacre scritture. Un tema che ha occupato gran parte del monologo, in cui ha ripercorso alcuni degli episodi da lui ritenuti più ricchi di «dettagli ad alta intensità». Tra questi la storia di Sarah e Abramo. Lei sterile da molto tempo, le annunciano la nascita di un figlio tre messaggeri. Anche questo, per De Luca, è un simbolo di superamento di un limite: «La sua grandezza è stata aver riconosciuto immediatamente quell’annuncio». E poi l’elogio all’arte: «L’arte può far raggiungere l’apice dell’intensità, si chiama estetica ma è emotiva, che non si può raggiungere nella realtà. Ma quel punto che hai raggiunto tramite l’arte, resta fermo negli altri momenti, anche nella quotidianità. Quando al liceo leggevo l’amore di Dante per Beatrice non capivo, mi sembrava esagerato. Solo da adulto ho condiviso l’intenzione di Dante che voleva scrivere per Beatrice quello che nessun uomo aveva detto per una donna prima».
L’Italia come ‘ponte’ Una serie di battute sulla sua città riportano poi il pubblico in una dimensione più ‘terrena’. «Napoli è una zuppa di pesce, te la devi mangiare perché è buona ma con cautela – e ancora – Sopra abbiamo un vulcano catastrofico e sotto un suolo sismico: il sentimento religioso napoletano non proviene dall’alto dei cieli, ma affiora per legittima difesa nei confronti delle circostanze». Risate e applausi in sala. «L’Italia – ha continuato – è strutturata come un ponte tra culture, dall’Europa verso il Sud-Est ed è da questa posizione prodigiosa che abbiamo ricevuto tutta la civiltà». A maggior ragione per questo, per De Luca, diventa ancora più incomprensibile la posizione di ostilità di molti italiani nei confronti del ‘diverso’. «Noi importiamo meno cittadini di quanti ne esportiamo, 4 milioni di noi sono ‘disabitanti’, cioè abitano all’estero. Strana l’ostilità nei confronti del rabbocco dell’emorragia».
La polemica sulle Ong Da vent’anni De Luca si occupa di immigrazione. O meglio di ‘visite’, come le ha chiamate lui dal palco. «Ho cercato di modificare il vocabolario corrente e mentre all’inizio si parlava di ‘ondate’ io ho insistito a chiamarli ‘flussi’, così non viene spontanea la reazione di ‘reprimerli’». La conclusione del monologo è quindi affidata alla poesia scritta a Lampedusa dopo l’incontro con i pescatori che si trovarono a soccorrere centinaia di persone al largo in un naufragio: quella che inizia con le parole ‘Mare nostro che non sei nei cieli’. «Quel giorno – ha raccontato – abbiamo deciso di buttare del sale in quel posto e non i fiori, perché quella era una ferita che non si doveva rimarginare». Ma allora, cosa ne pensa De Luca del dibattito che si è creato intorno alle affermazioni del procuratore di Catania, secondo il quale nelle ong che si occupano di soccorso dei migranti in mare, c’è collusione con i trafficanti? La risposta è perentoria: «Si tratta di diffamazione».