Azienda contro banca: c’è maxi risarcimento

Umbria: Mps dovrà liquidare ad un’impresa di Perugia oltre 500 mila euro. Lo studio Copparoni: «Il ‘sistema’ si può combattere»

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Ogni causa vinta – il conto Goffredo Maria Copparoni non lo tiene, ma comincia ad essere ‘importante’ – la distanza fra Davide e Golia si riduce un po’. Tanto che lo studio ‘Copparoni e Di Mei’ di Terni è, oggi, una sorta di spauracchio per qualsiasi istituto di credito. L’ultima sentenza di un tribunale civile, in ordine di tempo, è dello scorso 27 aprile. Il giudice Stefania Monaldi di Perugia ha condannato il Monte dei Paschi di Siena a pagare 495.880 euro ad un’azienda perugina che si era rivolta all’avvocato Fabia Mariani di Foligno, con consulenza tecnica affidata allo studio ternano, per vedere riconosciute le proprie ragioni.

La sentenza L’azienda, senza più alcuna pendenza con la banca in questione, ha intentato una causa civile per vedere riconosciute le proprie ragioni, contestando l’applicazione di indebiti interessi, la nullità di contratti sottoscritti nel tempo e l’applicazione di interessi anatocistici sul ‘massimo scoperto’. Alla fine, dopo una causa andata avanti per cinque anni, il giudice gli ha dato ragione, condannando Mps al pagamento dell’ingente somma ed anche degli interessi – circa 50 mila euro – dalla data della messa in mora. In totale, oltre mezzo milione di euro.

Goffredo Maria Copparoni

L’origine «Dalla prima causa, con un’azienda di Spello risarcita per circa 450 mila euro – racconta Goffredo Copparoni -, di acqua sotto i ponti ne è passata molta. Se ora siamo specializzati, anche in un contesto in cui il diritto si è evoluto nel tempo, è grazie all’intuizione del mio socio Gianluca Di Mei che otto anni fa mi propose di iniziare ad operare in un settore, quello legato ad anatocismo ed usura, ancora inesplorato».

‘Archeologia’ contabile Nel tempo è nato una sorta di ‘asse’ con l’avvocato Mariani: «Si tratta di un sodalizio che continua a produrre risultati. Coniugare aspetti giuridici e tecnici, visto che il nostro è uno studio di consulenza, è essenziale su determinate tematiche. Ad oggi – spiega Copparoni – non ricordo una sola consulenza tecnica d’ufficio, cioè disposta dal tribunale, che abbia smentito le nostre teorie risarcitorie». A volte l’attività somiglia ad una sorta di ‘archeologia contabile’, attraverso la quale – studiando contratti ed estratti conto vecchi di anni – è possibile accertare eventuali ‘magagne’ che gli istituti di credito, spesso sfruttando la propria posizione di dominanza sui singoli soggetti privati (non solo imprese ma anche comuni cittadini, ndR) non evitano di compiere.

Gianluca Di Mei

Colti in fallo I ‘filoni’ principali – come in una qualsiasi indagine – sono quelli dell’anatocismo, dell’usura e delle clausole irregolari: «Il primo – afferma Goffredo Copparoni – ha avuto una regolamentazione significativa negli ultimi anni, ma in passato non era raro vedere prestiti modesti, trasformarsi in qualcosa di molto più pesante per l’applicazione di interessi sugli interessi. L’usura, sotto forma di calcolo degli interessi passivi, emerge da tutte le somme che in estratto conto vengono addebitate senza una ragione e spesso e volentieri questa sommatoria configura uno sforamento che raggiunge anche interessi del 20-30% su piccoli affidamenti. Infine le clausole irregolari, più frequenti di quello che si pensi, comportano la nullità contrattuale e la restituzione di tutti gli interessi applicati nel corso del tempo».

La riflessione a questo punto si allarga: «Il 19% delle cause pendenti di fronte alla Commissione tributaria provinciale di Terni, vedono in campo il nostro studio. Ciò significa che il ‘sistema’ – cioè come sono organizzate tanto le banche quanto gli accertamenti – proviamo a combatterlo senza optare a prescindere per una strada negoziale. Non intendiamo adeguarci all’idea che le banche e l’amministrazione finanziaria abbiano sempre ragione. Ciò non vale solo per le imprese e le grandi cifre, ma anche per i cittadini: ricordo ancora la felicità di una donna, pensionata, nell’essere riuscita ad ottenere un risarcimento di 5 mila euro attraverso un’azione legale seguita direttamente da noi. Infine condivido in pieno – conclude Goffredo Maria Copparoni – la battaglia dell’Abusbef contro i ‘predoni’ degli indebitati, spesso organizzati in forma piramidale, che in questo settore chiedono acconti spropositati e creano business su anatocismo e usura. In questi casi non sono infrequenti, anzi, le condanne per ‘liti temerarie’ per incapienza giuridica delle tesi risarcitorie».

 

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