Il referto del pronto soccorso è chiaro. Parla di «disidratazione» e di «episodio presincopale», cioè una situazione grave. Tanto che, sempre secondo i medici del Santa Maria di Terni, si sarebbe reso necessario un «immediato ricovero». Ma la donna, Lena Dodaj, che da mercoledì sta dando vita ad uno sciopero della fame per protestare e chiedere giustizia per suo figlio Maringleno, morto sul lavoro il 18 novembre del 2011 a soli 25 anni, ha rifiutato.
TERNI, LENA DODAJ: «CHI DEVE SPIEGHI»

I processi Secondo Lena Dodaj, il suo ragazzo poteva essere salvato. Inaccettabile, per lei, che il primo procedimento penale, quello legato ai soccorsi ed agli interventi dei medici dell’ospedale di Terni, sia stato archiviato, mentre la sentenza del processo che vede imputate cinque persone per omicidio colposo è imminente.

La protesta La donna, che è stata trasportata in ospedale dopo essere stata colta da malore all’interno della cappella dove da mercoledì sta dando vita alla sua protesta, ha firmato e, assumendosene la responsabilità , ha deciso di uscire dal nosocomio per fare ritorno sulla tomba del figlio: «Io non smetterò finché qualcuno non mi darà spiegazioni. Mio figlio è arrivato in ospedale che era ancora vivo, poi il buio su tanti, troppi, aspetti. Nessuno ha fatto mai l’autopsia: perché tutto questo silenzio anche da parte della procura? Perché si è deciso di archiviare tutto? Io non mi do vinta e sono pronta ad andare fino al ministero della giustizia per far sentire la mia voce».