
Sarà il gup Federico Bona Galvagno a decidere – probabilmente nella stessa giornata di martedì, quando è in programma l’udienza presso il tribunale di Terni – se accogliere le richieste del sostituto procuratore Raffaele Iannella, che ha proposto il rinvio a giudizio delle venti persone – tre dirigenti comunali e diciassette fra sindaco, assessori ed ex del Comune di Terni – indagate per ‘turbata libertà degli incanti’ in relazione all’aggiudicazione del servizio di smaltimento del percolato dell’ex discarica comunale di vocabolo Valle.
INDAGINE PERCOLATO: LA ‘TALPA’ È IL SINDACO

L’indagine Nel mirino della guardia di finanza di Terni, a seguito di un esposto firmato dal segretario comunale Giuseppe Aronica e dal sindaco Leopoldo Di Girolamo, c’erano finite 42 determine dirigenziali e 13 delibere di giunta. Circa le determine dirigenziali ‘contestate’, 33 di queste – emesse fra il marzo del 2011 e il luglio del 2014 – vengono ricondotte al dirigente Maurizio Galli, cinque – fra l’ottobre del 2009 e il luglio del 2010 – a Luciano Sdogati e quattro – emesse fra febbraio e aprile 2015 – a Marco Fattore. Tredici, come detto, le delibere di giunta ‘incriminate’ fra l’ottobre del 2011 e il gennaio 2015, la cui approvazione ha fatto finire nei guai 17 amministratori del Comune. Ad esprimere nel tempo nove voti favorevoli sono stati l’ex vicesindaco Libero Paci e Luigi Bencivenga, otto Stefano Bucari, sette Roberto Fabrini, Silvano Ricci, Sandro Piermatti e Marco Malatesta, sei voti Daniela Tedeschi, cinque il sindaco Leopoldo Di Girolamo, Renato Bartolini e Simone Guerra, uno a testa Maria Bruna Fabbri, Carla Riccardi, Giorgio Armillei, Francesco Andreani, Cristhia Falchetti Ballerani e Emilio Giacchetti. A quest’ultimi la procura non ha contestato la ‘continuazione del reato’, trattandosi di un solo episodio-voto.
I difensori Attraverso i propri legali – fra questi figurano gli avvocati Donatella Virili, Enrico De Luca, Attilio Biancifiori, Francesca Abbati, Manlio Morcella, Patrizia Bececco, Roberto Spoldi, Federica Pasero e Carlo Moroni – tutti gli indagati si dicono certi della propria assoluta estraneità rispetto alle contestazioni mosse dalla procura.