Si impicca in carcere, 36enne deceduto

L’uomo, di origine magrebina, era recluso a Terni per reati connessi allo spaccio di droga. I sindacati: «Situazione delle carceri è critica»

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Tragedia, nel primo pomeriggio di sabato, all’interno del carcere di Terni. Un uomo di 36 anni di origine magrebina, detenuto nella sezione media sicurezza per reati connessi allo spaccio di droga, si è impiccato legando una coperta alla finestra della propria cella. Il personale della polizia penitenziaria di Terni in servizio si è immediatamente accorto dell’accaduto e altrettanto tempestivo è stato l’intervento dei sanitari che lo hanno trasferito al Santa Maria di Terni dove è deceduto nella notte fra il 9 e il 10 dicembre.

Osapp Secondo Giovanni Cesareo, delegato provinciale dell’organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria Osapp, l’accaduto «è la consegna della politica al ribasso dell’amministrazione centrale e periferica. A discapito sempre e comunque dei poliziotti penitenziari impegnati nel sempre più pesante compito di vigilanza ed osservazione dei detenuti».

Il Sappe Così il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, attraverso il segretario nazionale per l’Umbria, Fabrizio Bonino, e il segretario generale Donato Capece: «Le donne e gli uomini della polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del paese, più di 19 mila tentati suicidi ed impedito che quasi 145 mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Il dato oggettivo è che la situazione nelle carceri resta allarmante. Altro che emergenza superata».

Uilpa «Questa organizzazione, per l’ennesima volta, si vede costretta ad esprimere il suo forte disappunto verso chi, crede che si possa continuare a gestire in questo modo, un carcere come quello di Terni. Perché dopo vari appelli, anche da parte della segreteria nazionale, la situazione non solo non è migliorata, ma è peggiorata ancora, inesorabilmente», commenta il segretario regionale Uilpa Raffaele Tagliafierro. «Un Istituto penitenziario come quello di Terni non può arrivare ad ospitare il 68% in percentuale di detenuti di nazionalità straniera, contro il circa 46% della media del resto d’Italia. Un modo di fare che ingigantisce e moltiplica le situazioni di tensione e le criticità, all’interno del sistema penitenziario, riguardo la gestione di questi soggetti».

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