Lite Centro Impiego: «Un fatto annunciato»

Cgil e Usb all’attacco di istituzioni e dirigenza circa l’episodio avvenuto al Cpi di Terni: «Le colpe dell’usciere sono quelle minori»

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Non si arresta il dibattito attorno alla gestione del Centro Impiego di via Annio Floriano a Terni, dopo la pesante lite che nei giorni scorsi ha coinvolto un utente e un usciere. Il vice presidente della Regione, Fabio Paparelli, ha annunciato l’apertura di un’inchiesta interna per fare luce sull’episodio ma intanto i sindacati dicono la loro. La Fp Cgil di Terni attraverso una lettera aperta del segretario Giorgio Lucci diretta alla Regione, mentre la Federazione Usb pubblico impiego di Terni rimarca come le responsabilità non siano tutte in capo al dipendente coinvolto ma che, anzi, la lente vada posta sulle istituzioni e anche la dirigenza della struttura.

LA LITE AL CENTRO PER L’IMPIEGO DI TERNI – VIDEO

La lettera Nella missiva – destinatari i dirigenti della Regione Luigi Rossetti, Adriano Bei, Stefania Gatti e il presidente della Provincia di Terni, Giampiero Lattanzi – la Fp Cgil ternana scrive che «dopo un approfondimento con i lavoratori per comprendere quanto accaduto lo scorso 19 gennaio, sentiamo il bisogno di precisare alcuni concetti. Ormai da tempo continuiamo a denunciare le problematiche del Cpi di Terni dove, mediamente, affluiscono 50/60 utenti la mattina, 20/25 il pomeriggio a fronte di circa 27 dipendenti per 4 sedi provinciali (con una parte ancora a part time, nonostante le nostre richieste di ampliamento di orario) di cui 4 al front office del Cpi di Terni, al netto di ferie e malattie. L’attuale sistema informatico, composto da due software, costringe gli operatori a fare una doppia registrazione per lo stesso utente, raddoppiando i tempi di lavoro».

Giorgio Lucci – Fp Cgil Terni

La ricostruzione «La mattina in cui si sono svolti i fatti – scrive Giorgio Lucci – è accaduto che i 4 operatori stavano facendo delle registrazioni a 4 utenti. Durante l’operazione vi è stato un blackout informatico che ha costretto il personale del Cpi a congedare sia i 4 che stavano usufruendo il servizio che tutti gli altri in fila da ore. Il pomeriggio l’usciere ha ritenuto corretto consentire ai 4 che già avevano iniziato la registrazione la mattina di entrare per primi, consegnandogli i primi 4 numeri per l’ingresso, operazione che, non compresa da tutti gli altri, ha dato il via alle proteste e una situazione già tesa ha rischiato di degenerare».

Tante problematiche «Chiarita la dinamica dei fatti – osserva la Cgil – teniamo a segnalare alcune situazioni che hanno dell’incredibile: il Cpi di Terni non è dotato di un elimina-code elettronico e gli uscieri provvedono ‘alla buona’ a fare dei piccoli fogliettini numerati e a distribuirli a mano; la porta che divide l’area delle operazioni di registrazione (front office) dagli utenti che sono in fila è rotta da anni, consentendo l’ingresso di chiunque e creando momenti di confusione durante il lavoro, oltre che rischi di incolumità per il personale. I bagni (solo due, adibiti anche a magazzini) non divisi tra uomo e donna, sono per tutti (operatori e utenti) e sono situati dentro l’area di lavoro, creando un continuo transito di persone; gli uffici hanno la quasi totalità di lampade che non funzionano nonostante le segnalazioni. Gli organici non sono assolutamente sufficienti per la mole di lavoro che il personale deve svolgere e per la complessità della burocrazia che le pratiche implicano».

Colpe ‘diffuse’ «Ricordiamo che la politica è la prima responsabile dell’organizzazione e della qualità dei servizi al cittadino – afferma la Cgil Fp – . È del tutto evidente che se qualcuno pensa di scaricare le responsabilità di una situazione degenerata su un usciere, noi interverremo con tutta la nostra autorevolezza coinvolgendo da subito l’Usl Umbria 2 per quanto attiene igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro e l’Ispettorato nazionale del lavoro e Nucleo dei carabinieri per quanto attiene l’organizzazione del lavoro. A testimonianza di ciò, gli operatori del Cpi non sempre possono usufruire di ferie e permessi e spesso sono sottoposti a turnazioni che vanno ben oltre l’orario di lavoro previsto. Detto questo, chiediamo alla politica di evitare l’uso di ‘commissioni di inchiesta’ non previste nei contratti collettivi nazionali o di minacciare ‘punizioni esemplari’ prima di aver verificato l’accaduto e soprattutto prima di aver ottemperato a quanto dovrebbe fare essa stessa. Nessuno può dirsi estraneo alla situazione, né il dirigente responsabile dell’ufficio, né tantomeno il vertice politico».

All’attacco Analogamente la Federazione Usb pubblico impiego di Terni, chiama in causa amministrazione e ‘politica’: «Condannare l’increscioso episodio al quale si è dovuto assistere presso gli uffici del Cpi di Terni è sicuramente giusto e doveroso. Fermarsi però alla sola responsabilità dell’usciere addetto alla prima accoglienza sarebbe più grave dello stesso gesto messo in atto. Si tratta infatti di un avvenimento annunciato, prodotto da quel forte livello di stress che sia gli utenti che gli operatori del servizio subiscono, per chiara responsabilità di una politica miope, incapace di assumersi quelle responsabilità, che invece competono ad essa».

«Servizio distrutto» «Anni di indecoroso rimpallo di responsabilità e competenze tra la Regione e una Provincia in forte difficoltà – scrive l’Unione Sindacale di Base – hanno distrutto un servizio, quello del Cpi di Terni che, solo pochi anni fa fu valutato e premiato dall’allora ministro Brunetta come uno tra i primi dieci a livello nazionale per qualità ed efficienza. La legge di stabilità 2018 pone fine all’ambiguità di una situazione frutto della scellerata riforma Delrio, sollevando questi importanti servizi dalla improponibile condizione di ‘avvalimento’ utilizzata anche dalla Regione dell’Umbria, negli ultimi tre anni, per ‘scaricare’ una funzione istituzionale propria nelle mani di una Provincia, privata di ogni mezzo sia esso finanziario, organizzativo o giuridico. Anche la dirigenza, avendo il suo incarico natura regionale e la sua sede a Perugia, non sarà sicuramente ricordata per la sua presenza ed incisività dell’intervento nel Cpi ternano. Tutto ciò è avvenuto in un momento di massiccio aumento dell’utenza, che chiede di accedere ai servizi, stante il crescente disagio sul versante occupazionale che caratterizza il nostro territorio e di sostanziale cambiamento della tipologia delle prestazioni da erogare in complessità e quantità, come introdotte con il Jobs Act».

Problemi ‘rinviati’ «La gestione diretta delle funzioni da parte della Regione da gennaio 2018 avrebbe, di contro, consentito di intervenire tempestivamente ed efficacemente sui problemi endemici del Cpi di Terni, a partire dall’incremento delle dotazioni organiche e dall’ampliamento degli assurdi part-time che, data la situazione, non hanno ragione di esistere. Così come le stabilizzazioni dei necessari 50 precari per il funzionamento dei Cpi di Perugia, non avrebbero dovuto attendere il mese di settembre. La Regione sceglie invece di istituire un ulteriore ente strumentale che rischia di far scorrere ancora in avanti la soluzione dei problemi, legandoli anche all’esito delle elezioni. Problemi che a nostro avviso sono invece da aggredire e risolvere immediatamente. Una scelta che piega l’ennesimo servizio pubblico alle necessità tutte interne alla politica».

La Cisl Il coordinamento della Cisl di Terni, atttraverso una nota, esprime «preoccupazione per il clima pesante che si è creato intorno al Centro per l’Impiego di Terni. La preoccupazione deriva dall’increscioso episodio che si è verificato la scorsa settimana ma soprattutto dal tentativo da parte della Regione di minimizzare l’accaduto, considerandolo soltanto un increscioso comportamento di un singolo. Invece la problematica è ben più complessa e trae origine dalle gravi difficoltà di funzionamento del Cpi più volte denunciate dal personale, dalla Rsu e dalle organizzazioni sindacali. Il Centro per l’Impiego per anni è stato esempio di capacità di innovazione e di organizzazione ottenendo anche importanti riconoscimenti a livello nazionale. Negli ultimi anni invece, nonostante l’impegno e la professionalità dei dipendenti, il servizio ha avuto notevolissime difficoltà organizzative e gestionali a causa delle carenze di personale, di scelte organizzative infelici come l’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento, dell’effetto perverso della normativa sulle Province, della carenza di mezzi e strumentazione informatica, delle perenni difficoltà di comunicazione tra la Provincia da cui dipende il personale e la Regione che lo gestione, della mancata riorganizzazione della struttura per adeguarla alle mutate competenze, alle nuove procedure della regione e soprattutto alla dequalificazione e depotenziamento del personale in servizio, anche a causa dell’ingiustificato prepensionamento di personale esperto e di categoria direttiva ritenuto inspiegabilmente in soprannumero».

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