«Presto tornerò in Italia», parola di Amanda Knox. A quasi undici anni da quella tragica notte di Halloween in cui la giovane studentessa inglese fu uccisa – e per cui l’unico finito in carcere, per concorso in omicidio, è Rudy Guede – ogni volta che Amanda Knox torna a parlare dell’Italia i riflettori tornano ad accendersi su una delle vicende più brutte che Perugia ricordi.
L’intervista
Questa volta l’ex studentessa di Seattle ha rilasciato un’intervista ad un programma radiofonico norvegese che è poi stato ripreso dal quotidiano La Repubblica. «Non odio il paese che mi ha messo in prigione per quattro anni – ha detto Amanda – anche se ho ancora una relazione complicata con l’Italia tornerò presto». Un’intervista a tutto tondo, quella in cui Amanda si è aperta e ha raccontato, di nuovo, la sua versione di quella notte, i quattro anni trascorsi in prigione, in Italia, la sua nuova vita una volta tornata negli Stati Uniti, dopo la scarcerazione avvenuta nel 2011. Oggi Amanda ha 31 anni e dopo un libro, un film e un tour in giro per gli States, è diventata portavoce delle persone condannate ingiustamente, ruolo che gli è valso anche una parte nella serie tv ‘The scarlet letters report’.
«Ci sono persone condannate ingiustamente ovunque»
Prima di tornare, però, Amanda chiarisce che «deve essere in pace con sé stessa. Parlo ancora facilmente italiano, ho amici italiani ma tanti pensano ancora che io sia colpevole. Pensano ancora che io sia ‘Foxy knoxy’ e una puttana» ha proseguito. Il ritorno, già anticipa, sarà traumatico. Sì, perché, secondo quanto racconta ancora la giovane americana, l’ultima volta che è andata al cinema, a Seattle, a vedere un film italiano, ha sentito parlare con accento napoletano. «L’ultima volta che avevo sentito il napoletano ero in prigione. Mi batteva forte il cuore e sono dovuta uscire dal cinema», ha raccontato alla radio con voce tremolante. Il racconto, poi, prosegue, con le aggressioni che, a detta della Knox, la giovane avrebbe subito in carcere da parte della polizia italiana: era una giovane studentessa 20enne, era difficile capire cosa fosse vero e cosa no.
Contro il pm Mignini
Gravi, poi, sono le affermazioni della donna contro il pm Giuliano Mignini. «Per capire cosa mi ha fatto – riporta ancora La Repubblica – non mi sarebbe d’aiuto se dicessi che è solo un uomo malvagio. Avevo bisogno di capire che persona è. Dal documentario di Netflix sul mio caso ho scoperto che è padre di quattro figlie. Quando vide cosa accadde a Meredith si identificò immediatamente con la sua famiglia e voleva trovare un responsabile a tutti i costi. Ma non si rendeva conto che quell’impulso di andare avanti lo stava anche mettendo in un tunnel. Lo rendeva incapace di vedere oltre il suo pregiudizio». «Non so se pensa ancora di aver fatto la cosa giusta – accusa ancora Knox – l’ho visto solo nella stanza dell’interrogatorio e nell`aula del tribunale, ma sarei molto interessata a sedermi con lui per sentire se ha cambiato la sua opinione, se le convinzioni che aveva sul tipo di persona che sono, ora sono cambiate».
Il rapporto con Sollecito
E’ convinta, Amanda, ancora oggi, che l’unico ad aver ucciso Meredith è stato Rudy Guede e che, nonostante non abbia mai avuto rapporti con la famiglia della studentessa inglese, oggi vorrebbe parlare con loro. E poi, infine, quella relazione definita ‘complicata’ con Raffaele Sollecito. «Lui è importante per me, ma ci conosciamo come sopravvissuti a un evento molto traumatico. La nostra relazione è la peggiore esperienza della nostra vita. Quando ci vediamo tutti i brutti ricordi tornano a galla. Raffaele ha lavorato sodo per riavere la sua identità e per trovare la sua strada. Poiché ero ‘Foxy Knoxy’ tutti mi odiavano, mentre lui era considerato nessuno. Nulla lo collegava a questo crimine, eppure il suo Paese lo ha tenuto in prigione per quattro anni e sotto processo per otto. Non ci vediamo spesso, ma quando viene a Seattle cena con la mia famiglia. E quando andrò in Italia, lo vedrò sicuramente» ha concluso Knox.