A un passo dalla morte. Che non è sopraggiunta solo perché i medici, prima delll’ospedale di Amelia e poi di quello di Terni, lo hanno salvato. Ma Francesco Gnucci, il 21enne amerino indagato per ‘omicidio preterintenzionale’ per la morte della fidanzata 18enne, Maria Chiara Previtali, avvenuta ad inizio ottobre ad Amelia e legata all’assunzione di droga, eroina in particolare, ha rischiato seriamente di non farcela. Sull’accaduto – riportato dalla pagina di Terni dell’edizione di domenica de ‘Il Messaggero’, con pezzo a firma di Nicoletta Gigli – sono in corso indagini serrate da parte dei carabinieri del nucleo investigativo di Amelia, coordinati dal pm Giulia Bisello, ma gli aspetti giudiziari – pur parzialmente legati alla tragedia di ottobre – non sono più importanti di quelli sociali e umani. La droga c’è, continua ad esserci anche ad Amelia – soprattutto fra gruppi e piccoli ritrovi di amici, come quello di Francesco – e c’è chi, in una condizione di prostrazione psico-fisica, rischia anche oggi di lasciarci le penne. Come il 21enne amerino che, da quel dì, ha detto, scritto, si è sfogato. Ma purtroppo è tornato a bucarsi e per salvarlo sono servite quattro fiale di Narcan.

Ripreso per i capelli
Dopo la dose che ha rischiato seriamente di rivelarsi letale – si tratterebbe di una modesta quantità di eroina su cui ha pesato anche lo Xanax precedentemente assunto – Francesco Gnucci ha perso i sensi ed è stato accompagnato da due amici all’ospedale di Amelia, perché lo soccorressero. Da lì è stato trasportato a Terni in condizioni gravi e ora, pur ricoverato, è fuori pericolo. A ricostruire quei concitati momenti, è un amico di Francesco: «Dopo aver appreso che stava male, sono andato a prenderlo e, insieme ad un altro amico, lo abbiamo portato all’ospedale, aiutando a posizionarlo sulla barella del pronto soccorso. Io poi sono andato via e con lui, al di fuori della stanza, è rimasto l’altro ragazzo. Nessuno, di certo, lo ha abbandonato. Anzi».
Vite da salvare
Ora da capire – e per questo Arma e procura sono in campo – ci sono diversi aspetti: dove abbia preso la dose, chi gliel’abbia ceduta, dove si sia ‘bucato’, chi lo ha accompagnato al nosocomio, chi abbia deciso di non chiamare il 118. Elementi che, in parte, i carabinieri hanno già ben presenti. All’orizzonte, forse, una ulteriore ‘stretta’ – che dopo la morte di Maria Chiara non è mancata – sui controlli legati agli stupefacenti nell’Amerino. Ma, allargando lo sguardo, non si possono valutare gli aspetti sociali e umani della questione. Famiglie, amici, istituzioni: c’è la forza per unirsi e ragionare assieme, dicendosi le cose come stanno? Anche solo per tentare di salvare altre vite oggi fortemente a rischio. A prescindere da come la si pensi.