di ‘Montagne Misteriose’
È singolare che le due più belle cascate d’Europa siano artificiali, quella delle Marmore e quella di Tivoli. «Raccomando subito al viaggiatore di seguire il Velino sino al piccolo lago di Piediluco»: così Lord Byron descriveva Piediluco, incastonato nella parte meridionale dell’Umbria. Il viaggio in Italia, obbligato per i cultori dell’arte e delle vestigia storiche, ha fatto sì che molti intellettuali vi sostassero, affascinati dalle bellezze paesaggistiche e dalle viuzze del borgo di Piediluco che, ancora oggi, si inerpicano fin sulla cima dei monti circostanti. Corot ne fu rapito a tal punto da trovarvi la misura della propria pittura; lo stesso capitò a Goethe e, prima ancora, a Virgilio. Un altro romano illustre, tale Marco Tullio Cicerone, ci parla invece della zona perché fonte di contenzioso tra gli aretini e gli abitanti di Interamnia (Terni).
Di forma irregolare con un perimetro di circa 13 chilometri, il lago si trova ad un’altitudine di 375 metri e ha una profondità massima di circa 19 metri. Il suo immissario naturale è il rio Fuscello, gli altri due immissari sono invece rappresentati da canali costruiti dall’uomo, uno che lo collega al fiume Velino, l’altro, lungo ben 42 chilometri quasi tutti in galleria, che convoglia nel lago una parte delle acque del fiume Nera.
Esiste una sorta di consapevolezza popolare del fatto che per lungo tempo, la stessa comunità lacustre si sentisse circondata da forze magiche ostili che molti pensavano fossero il frutto dell’attività di alcune streghe. Di certo la precarietà della vita quotidiana, la sua durezza, a volte la difficoltà dello stesso sopravvivere alimentata dalla crudeltà della natura, necessitavano di un capro espiatorio sul quale scaricare tutte queste sventure e cosi, molto spesso, i bersagli a cui addossare queste responsabilità venivano individuati in Ancilla, Laura, Maria, Menica, Agnocca, la Tufa, la Mecia e la Badecchia.
Questo bacino idrografico, vissuto dall’uomo fin dall’età del bronzo, veniva considerato di vitale importanza e avvolto da un velo di sacralità anche dai Romani. Il nome stesso Piediluco, si può far risalire alla parola latina Lucus, ovvero bosco sacro, quindi il significato del nome è ‘ai piedi del bosco sacro’. Cicerone, paragona la valle di Piediluco a Tempe, in Tessaglia, offrendo una mitopoiesi che non tutti i luoghi possono vantare. Come Tempe era affiorata dalle acque grazie all’intervento di Poseidone, le terre emerse del bacino di Piediluco erano divenute visibili e vivibili grazie all’ingegno romano.
Proprio su quei dolci declivi sembra che vi fosse il lucus, il bosco sacro dei Romani, abitato da ninfe, numi e satiri, un luogo in cui la presenza del genius loci era molto forte e non sempre di natura benevola. Il lago di Piediluco è legato sin dall’antichità a miti e leggende tra le più varie, che lo hanno visto popolato di ninfe, divinità , palazzi sotterranei e creature misteriose. Tra le credenze popolari è stato anche considerato, come molti laghi in diverse culture, mezzo di collegamento tra mondi diversi, quello dei vivi e quello dei morti, una porta del tempo magica, pericolosa e inevitabilmente affascinante.
Tra queste leggende, una in particolare risplende per sublime e spaventosa grandezza: la leggenda del drago. Il fiume Velino, altro non è che il corpo del drago e i laghi di Piediluco, Ripasottile, di Ventina, di Folignano e il lago Lungo, che in tempi antichi appartenevano tutti ad un unico grande bacino (il lago Velinia), altro non sono che gli occhi del drago antico. Dopotutto questo territorio e le sponde del lago di Piediluco erano paludosi e rappresentavano un eccellente habitat per i draghi che, secondo i miti più antichi, animavano luoghi malsani e selvaggi ammorbando, con il loro pestifero fiato, intere vallate. Una metafora fiabesca della lotta plurisecolare dell’uomo con le paludi.