di Giovanni Cardarello
Sono passati sedici anni dai drammatici fatti del 7 novembre 2007, quando in via della Pergola, a Perugia, la giovane vita di Meredith Kercher venne spezzata in modo cruento. Ne sono passati quasi otto dalla sentenza di assoluzione di Amanda Knox e del suo fidanzato di allora, Raffaele Sollecito, e quattro dall’ultimo pronunciamento della Corte Europea. Ma la vicenda è ancora viva e bene presente nel dibattito sulla giustizia italiana, sul ‘giusto processo’ e, ovviamente, nella cultura di massa. Il merito di tutto questo, se così si può dire, va ascritto inevitabilmente proprio alla figura di Amanda Knox, la cittadina statunitense incarcerata in Italia e poi assolta per l’omicidio della propria compagna di stanza.
Amanda Knox in queste ore è tornata al centro del dibattito con un post comparso su X ed un thread ad esso connesso, nel quale esterna dichiarazioni e intenti che faranno discutere e non poco. «Non ho paura di tornare in Italia per difendermi, ero impreparata a 20 anni ma dopo tutti questi anni sono pronta. E voglio che i miei figli vedano cosa significhi battersi per la verità». Knox ha lamentato inoltre il fatto che sta ancora «combattendo per riabilitare» il suo nome, mentre l’uomo condannato per il crimine è «libero dal carcere» e al tempo stesso lancia accuse riguardo il suo coinvolgimento nell’omicidio di Meredith Kercher.

A Firenze sarà nuovamente celebrato il processo che vede imputata Amanda Knox per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, dopo che la Cedu ha accertato la violazione dei diritti di difesa in quello che ha portato alla sua condanna. Nonostante i procedimenti legali tuttora in corso, la Knox ha detto di essere «eccitata» alla prospettiva di ottenere giustizia «una volta per tutte». Ricordiamo che la Knox e Sollecito in quel lontano 2007 furono identificati come sospettati nel caso di omicidio, che attirò i titoli dei giornali internazionali. Negli anni il caso ha prodotto due condanne e due ricorsi prima dell’assoluzione del 2015.
A quel punto la Knox aveva però trascorso quattro anni in prigione. La corte all’epoca, tuttavia, ha confermato la sua condanna del 2011 per aver diffamato Patrick Lumumba, cittadino congolese e proprietario di un bar che secondo lei era coinvolto nell’omicidio della Kercher. Lumumba è rimasto dietro le sbarre per due settimane, prima che qualcuno confermasse il suo alibi. La Knox, inoltre, è stata condannata a tre anni, già scontati, ma ha presentato ricorso in appello nel 2019. Nell’ottobre 2023 il tribunale di Firenze ha accettato di concedere alla Knox un nuovo processo.
Sottolineiamo, infine, che ad oggi l’unico condannato per l’omicidio della Kercher è stato Rudy Guede, cittadino della Costa d’Avorio giudicato colpevole durante un processo separato. A Guede nel 2008 è stata comminata una pena di 16 anni, nel dicembre 2020 è stato assegnato ai servizi sociali ed è proprio in quel contesto che dal novembre 2021 sta scontando la pena residua.