Terni, concessione Villalago: al Tar la spunta la Provincia

C’è la sentenza: per il tribunale è legittima la disposizione di decadenza dopo le inadempienze della società concessionaria

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di S.F.

Dichiarato il difetto di giurisdizione per un aspetto (la richiesta di pagamento delle utenze rimaste insolute) e, per il resto, è respinto. Questo l’esito del ricorso al Tar Umbria della Il Delta Gestione & Servizi contro il provvedimento della Provincia – datata 28 luglio 2023 – che, in sintesi, ha avviato l’iter per la revoca della concessione per il complesso di Villalago con dichiarazione di decadenza. Coinvolti gli avvocati Daniele Proietti per la difesa di palazzo Bazzani, Gabriela Caterina Federico e Francesco Cavalcanti per la società di San Marco Argentano (Cosenza). I rapporti tra le parti vanno avanti dal 2016.

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La contesa

In sintesi l’ente della presidente Laura Pernazza ha disposto la risoluzione per inadempimento del contratto in essere. La società ha impugnato al Tar e dall’estate 2023 si è sviluppata la partita. Chiaro che la contesa ha preso corpo già dagli anni precedenti per via di alcune contestazioni mosse dalla Provincia su oneri di gestione e manutenzione del complesso (area boschiva, gradinate del parco, staccionate, area giochi, tavoli e caminetti), realizzazione degli interventi obbligatori come previsto dalla convenzione (pavimentazione esterna dei piazzali, bonifica delle macchie di umidità nella sala conferenze) e oneri di realizzazione degli interventi di valorizzazione e ristrutturazione del parco, dell’anfiteatro, delle ex scuderie e di villa Franchetti. Quindi la diffida per l’adempimento e, a chiudere il cerchio, l’avvio del procedimento per la declaratoria di intervenuta decadenza dalla concessione e risoluzione della convenzione.

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La replica della società. Citata la procura

Sponda Il Delta Gestione & Servizi sono stati depositati numerosi motivi di ricorso, tra i quali «l’inattendibilità delle risultanze dei sopralluoghi e loro inutilizzabilità perché le verifiche compiute in tali occasioni sarebbero state operate solo mediante osservazione fisica dei luoghi, senza scattare fotografie né svolgere rilievi, in violazione del principio del contraddittorio» e il fatto che «la ricorrente avrebbe svolto gran parte delle prestazioni imposte, lo svolgimento delle lavorazioni di restauro e risanamento conservativo, la manutenzione ordinaria del teatro all’aperto e dell’area giochi e l’organizzazione di eventi culturali all’interno del compendio immobiliare de quo; ciò sarebbe dimostrato dall’intervenuta archiviazione del procedimento avviato dalla procura regionale per l’Umbria della Corte dei Conti nei confronti della società». C’è anche altro.

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La forza maggiore: terremoto. Tutto a vuoto

La società calabrese ha lamentato anche la violazione dell’articolo 1356 del codice civile per eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Motivo? «I ritardi nell’esecuzione di alcune delle prestazioni dedotte in convenzione non sarebbero imputabili alla ricorrente perché dovuti all’impossibilità temporanea della prestazione ovvero a cause di forza maggiore (ovvero il terremoto occorso in Umbria tra il 2016 e il 2017 la pandemia da Covid 19) che a norma dell’art. 4 della concessione ne impedirebbero la decadenza anche in caso di mancata o incompleta esecuzione dei lavori». Non accolto dal Tar: «La censura, seppure suggestiva, non vale ad escludere la risoluzione del contratto per inadempimento della ricorrente, né a rendere applicabile l’articolo 4 della concessione in tema di cause non imputabili al concessionario. Decisiva è innanzitutto la durata limitata nel tempo di tali accadimenti, come condivisibilmente chiarito dall’amministrazione nella determina impugnata». Anche la pandemia da Covid «non è idonea ad elidere i gravi ritardi e le omissioni della ricorrente». Respinti in toto anche le altre ragioni: «La gravità e il numero degli inadempimenti accertati, in assenza di idonee giustificazioni, legittimavano l’amministrazione a disporre la decadenza dalla concessione e la risoluzione del contratto». Esulta la Provincia. Le spese del giudizio – liquidate in 2 mila euro – sono poste a carico della società. Se si andrà al Consiglio di Stato lo vedremo a stretto giro.

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