Una ‘stupida’ caduta, il 15 agosto scorso, ha rischiato di costargli la vita. I medici dell’ospedale di Terni hanno scongiurato il peggio ma non sono riusciti ad evitargli, a causa di un’aggressiva infezione batterica, l’amputazione di tutti e quattro gli arti. E così l’esistenza di Ivo Filipov, 50enne di origine bulgara ma dal 1993 residente in Italia, ora a San Liberato di Narni, in pochi mesi è stata completamente stravolta. Lui, che fino ad agosto lavorava come corriere alla Sagit di Nera Montoro, è ancora ricoverato nel reparto di terapia intensiva del ‘Santa Maria’, ma intanto la moglie Michela pensa già a come ricostruire il suo futuro. Si appella alla generosità e all’altruismo e così ha avviato una raccolta fondi, anche sul sito Gofundme, per poter finanziare «le protesi migliori per mio marito».
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«Eravamo a Civitavecchia – racconta la donna -, quando Ivo è scivolato sul lungomare provocandosi un’escoriazione al ginocchio. L’ho disinfettato subito e sembrava tutto a posto, poi dopo una settimana è stato medicato in farmacia. La sera di sabato 24 agosto mi sono accorta che qualcosa non andava, i suoi occhi erano diventati gialli, ho chiamato il 118 e da lì è iniziato il nostro calvario. A causa dello shock settico è stato ricoverato in terapia intensiva, dove gli è stato indotto il coma farmacologico perché questo maledetto batterio gli ha danneggiato gli organi vitali. È stato per un po’ di tempo aiutato dal polmone artificiale, dal ventilatore e dalla dialisi». Poi «con l’aiuto di tutta l’equipe, medici e infermieri, e anche con una mano da lassù, è tornato miracolosamente fra noi».

Grazie alla logopedia Ivo Filipov sta riacquistando la parola, compromessa dalla tracheotomia. L’infezione però è stata talmente aggressiva che i medici sono stati costretti ad amputargli le falangi della mano destra, la mano sinistra dal polso e l’arto sinistro da sotto il ginocchio. Per quanto riguarda l’arto destro i medici devono ancora decidere come intervenire, «ma anche questo sarà probabilmente amputato sotto il ginocchio», spiega Michela, per cui non è facile parlarne. Sa che la vita di suo marito, e di conseguenza la sua e del loro figlio che ha 16 anni, sarà completamente diversa, ma non vuole abbattersi.
«I tempi di riabilitazione saranno lunghi – continua – ma vogliamo già pensare al dopo. Noi siamo una famiglia come tante, non abbiamo le possibilità di permetterci le protesi, che costano decine di migliaia di euro. Abbiamo già avviato una raccolta fondi tramite dei bussolotti tra Narni e Orte, dove mio marito è arrivato 31 anni fa, dove anche io lavoro e dove ora studia nostro figlio. Anche la Pro Loco di San Liberato di Narni ci ha aiutati. Ma penso che attraverso una raccolta online la voce possa diffondersi ancora di più». Da qui la scelta di sbarcare su Gofundme, dove finora sono stati raccolti poco meno di 6 mila euro rispetto all’obiettivo di 50 mila. «Sono fiduciosa – conclude Michela – che la gente possa provare amore per il prossimo e che lui possa vivere una vita dignitosa sotto ogni aspetto, vicino alla sua famiglia».