di S.F.
L’ex poligrafico Alterocca, tombe, reperti archeologici e oltre 45 sepolture a cumulo. Sono i principali ingredienti di una curiosa e lunga vicenda che, a distanza di quasi trent’anni dai lavori di escavazione nell’area, ha ancora conseguenze giudiziaria: le contendenti sono la Pellegrini srl di Terni e il ministero della cultura, in questo caso interessato per via dell’azione della soprintendenza dell’Umbria. A spuntarla è la prima. Questione di denaro.

Per capire qualcosa bisogna tornare indietro al 7 novembre 1996, quando la società ricorrente – erano in corso i lavori a scopo edificatorio nell’area ex Alterocca – trovò due tombe. Con immediato sollecito per un intervento della soprintendenza: «In esito a campagne di scavo, le tombe sono state individuate come componenti una necropoli di antica civiltà umbra, risalente all’VIII secolo AC e comprendente complessivamente 45 sepolture a cumulo», viene ricordato. La contesa iniziò in quel momento. Motivo? Il ministero riconobbe alla Pellegrini – proprietaria dell’area – il premio di rinvenimento ai sensi del Codice dei beni culturali, pari al 25% (36.150 euro) dei valore totale stimato per i reperti (144.600 euro). Il primo ricorso è proprio perché la società ha lamentato «che il premio complessivo non fosse stato commisurato al 50% del valore, in quanto spettante, ai sensi del comma 2 dell’articolo 92, non soltanto come proprietaria ma anche quale scopritrice». Il tribunale amministrativo dell’Umbria respinse il ricorso, ma il Consiglio di Stato in appello ribaltò la vicenda. Siamo nel 2021.
Si arriva al 25 novembre 2021. La soprintendenza, in attuazione del giudicato del Consiglio di Stato, ha attribuito alla Pellegrini srl l’ulteriore premio di 1.450 euro. Vale a dire il 25% del valore proporzionale dei reperti mobili rinvenuti nelle due tombe in data 7 novembre 1996. Con tanto di detrazione delle spese di scavo. Alla società non è proprio andata giù la cosa: «Il valore del premio ad essa spettante come scopritore avrebbe dovuto essere commisurato al 25% del valore complessivo dell’intera necropoli. La base di calcolo sia il valore di tutte le cose reperite, come stimate già dall’amministrazione, non soltanto di una parte di esse; la norma non consenta di differenziare sulla base della effettiva quantità di ‘cose scoperte’ dallo scopritore». Questione di tombe e diversità di vedute sull’entità della scoperta.

Un concetto che viene spiegato meglio in un successivo passaggio della sentenza. Per la Pellegrini è «aberrante aver considerato una necropoli, cioè una città funeraria completa, non come sostanzialmente è, e cioè una universalità di beni mobili (ed anche immobili) suscettibile di assumere un valore enorme sotto il profilo della ricostruzione di una civiltà , ma come una specie di ‘collage’ di tombe, assegnando le sole prime due allo scopritore». La soprintendenza ha chiesto il rigetto del ricorso. «Indubbio è – scrivono i magistrati amministrativi – che l’attribuzione del premio quale proprietaria avesse preso a riferimento il valore della complessiva necropoli; non si è invece formato giudicato sulle questioni concernenti la quantificazione della quota spettante quale scopritrice fortuita (come ammette la stessa ricorrente), posto che la questione non è stata affrontata nell’ambito dei giudizi pregressi. Le parti non hanno contestato la legittimità dell’applicazione dei criteri previsti dalla circolare, pur traendone conclusioni opposte». Quindi?
Il Tar, dopo aver analizzato diversi casi sul particolare tema, puntualizza che «sembra difficile negare che la scoperta iniziale abbia consentito di concentrare l’indagine in quel punto, e con ciò la sussistenza del rapporto diretto e inscindibile che integra il presupposto oggettivo sopra considerato. Deve pertanto ritenersi che sussistessero tutti i presupposti per la commisurazione del premio spettante allo scopritore al valore stimato dell’intera necropoli». C’è l’annullamento del provvedimento del 2021 della soprintendenza e la necessità di nuovo accertamento per il premio della Pellegrini quale scopritrice fortuita, «commisurato all’intero valore della necropoli». Firma il presidente estensore del Tar Umbria, Pierfrancesco Ungari. A difendere la società ricorrente ci ha pensato l’avvocato Maria Di Paolo.