In occasione della ricorrenza della festa di San Vincenzo Martire che si terrà a Gabbio (Ferentillo) il 25 gennaio, è da sottolineare e portare alla conoscenza «la preziosità dell edificio data dalla presenza, al suo interno, dei preziosissimi affreschi tutti rinascimentali che adornano sia il catino, l’abside, il presbiterio e i tre altari laterali». Ad affermarlo, e sottolinearlo, è lo storico locale Carlo Favetti.
«L’attenzione maggiore – spiega – è sicuramente verso i dipinti che adornano l’abside, il cui autore, Francesco da Lugnano, li realizzò verso la prima metà del XVI secolo. Il dipinto principale è l’Incoronazione della Vergine nel catino absidale con angeli osannanti, tra nuvole e teste cherubiche. Un cartiglio portato da due angeli in volo reca la scritta: ASSVMTA EST MARIA IN CAELO. Ci troviamo di fronte ad una serie di dipinti, seppur nella loro semplicità, riescono a creare suggestioni e interesse da parte non solo dei fedeli ma anche del visitatore che, avendo già ammirato i dipinti del Lippi nell’abside della cattedrale di Spoleto, può comprendere il ripetersi della Sacra Rappresentazione, spesso ripetuta in vari edifici religiosi soprattutto in Valnerina».
«Anche a Gabbio – prosegue Favetti – l’Incoronazione della Vergine si colloca in un contesto di tempo della prima metà del XVI secolo, pochi anni dopo a seguito della realizzazione spoletina, come ad omaggiare o addirittura ‘sottomissione’ alla città ducale. Così fecero Tamagni e Giovanni da Spoleto a Santa Maria Assunta di Arrone o il Cesarei a Santa Maria di Caso (scuola dello Spagna) tanto per citarne alcuni. A Francesco da Lugnano, i massari di Gabbio commissionarono di affrescare nel 1533 tutta l’abside della chiesa del castello, che terminerà nel 1535 con l’aggiunta della serie di santi martiri, tra i quali il titolare della chiesa».
«Un artista – aggiunge lo storico ferentillese – che in questa raffigurazione ripete fino all’esasperazione il volo degli angeli osannanti, dai volti semplici che non si discostano nella somiglianza l’uno dall’altro; alcuni di essi a mani giunte, altri a mano conserte, altri a mo’ di indicare la scena centrale. Le linee, i volumi il colore, in alcune parti abraso o rovinato dal tempo, non lascia dubbi sulla buona mano dell’esecutore, riscontrabile nelle due figure principali, ossia l’Onnipotente e la Vergine, distaccata sul fondo azzurro tra bianche nuvole che si perdono nelle fluttuanti ali degli angeli. Della mano di Francesco da Lugnano l’Arcangelo che pesa le anime, e l’Annunciazione. Nella dedica laterale sul pilastro di sinistra – conclude Favetti – una scritta ormai illeggibile che recita i nomi dei committenti e l’esecutore dell’opera. Dipinti che meritano un finanziamento per un eventuale intervento di restauro, aggiungiamo noi urgente, vista la peculiarità del luogo a forte valenza ambientale, meta di escursionisti e frequentatori di free climbing dato dalle falesie di arrampicata libera».