riceviamo e pubblichiamo
di Daniele Venturi
Una delle umane fortune è che, nella maggior parte dei casi, la memoria tenda, se non a cancellare, a rinchiudere i ricordi nei cassetti del tempo. Probabilmente, con ciò, attivando un’arcaica foma di autotutela e salvaguardia dell’individuo. Come detto, nella maggior parte dei casi. In effetti, talora, nonostante i tentativi di archiviare tutto, la testa fatica a non tenere a portata di mano i ‘link sinaptici’ legati a vicende, fatti o eventi di grande impatto personale e comunitario. Un esempio tra i tanti: la pandemia da Covid-19 ‘scoppiata’ ufficialmente all’inizio del 2020.
Ora, non starò a tirare in ballo le milleuno teorie complottiste che ne scaturirono, né a prendere parte alla lotta tra virologi e farmacologi titolati ed ‘ufficiali’, da un lato, e virologi e farmacologi improvvisati ed ‘auto-didatti’ dall’altro. Stamani voglio soltanto rammentare a me stesso che oggi, cinque anni or sono, in Italia, anche a Terni, principiammo nostro malgrado e da innocenti, la ‘reclusione pandemica’ tra quattro mura.
Reclusione che finì per durare ben cinquantacinque giorni, fatta eccezione per i fortunati del giusto ‘codice ATECO’, tra proclami dittatoriali notturni, snervanti aggiornamenti serali, folli allarmismi, inquietanti ‘conteggi’ h24 e canti di gruppo dai balconi, perché ‘io resto a casa’ ma anche perché ‘andrà tutto bene’. Senza contare gli inseguimenti di gente in divisa nei confronti di fuggiaschi in cerca d’aria fresca, il distanziamento sociale, le mascherine obbligatorie, il limite invalicabile dei 200 metri, il coprifuoco e le spasmodiche speranze verso un vaccino efficace, che seguirono nei mesi a venire.
Già . Stamani voglio soltanto rammentare a me stesso che quel giorno, ‘quest’oggi’, cominciammo un patimento che venne meno soltanto dopo quasi due mesi, liberi e liberati da un’assurda esperienza degna della più nota filmografia catastrofista di Hollywood. Esperienza che ci rese certamente diversi, ovvero con mente, cuore e fisico assolutamente cambiati. E personalmente voglio ricordare me stesso per colui che fui, fino alle ore che precedettero quell’editto di condanna emesso a colpi di DPCM: un uomo e un cittadino più tranquillo, sereno e sinceramente convinto di vivere in una società davvero consapevole, giusta e rispettosa di se stessa a 360°, con o senza vaccino.