Si respira un’atmosfera un po’ speciale, in questo fine settimana, a Terni: Karipande, il festival delle emozioni, com’è stato subito definito da chi vi ha partecipato fin dalla prima edizione , è giunto al suo dodicesimo anno con main stage all’hotel Garden.
Dodicesimo anno di vita per il festival ‘Karipande‘, dedicato alla cultura angolana: iniziato venerdì 11, si concluderà nella notte fra domenica 13 e lunedì 14 aprile.

«Karipande – spiegano gli organizzatori – prende il nome da un luogo simbolo della storia recente dell’Angola, è il primo festival della cultura angolana in Italia e vede arrivare a Terni ogni anno, nel mese di aprile, oltre cinquecento persone, appassionati da molti Paesi, europei e non, e da pressoché tutte le regioni italiane, oltre a ballerini, artisti e maestri che di tale cultura diffondono nel mondo i valori e le radici». Il 2025 vede le emozioni moltiplicate, grazie alla presenza del gruppo Fenómenos do Semba, una decina di ragazzi e ragazze, artisti e ballerini, che per la prima volta escono dall’Angola per un tour europeo che comincia proprio con la tappa italiana a Terni.
Karipande nasce nel 2014, da un’idea di ‘un angolano a Terni’, Fernando Rodrigues Saluiza, e di Michela Vernati, coppia di artisti internazionali che nella loro scuola, la ‘Pachanga’, insegnano da circa venticinque anni le danze afro-caraibiche. «Nasce come qualcosa di diverso da un festival di ballo – proseguono gli organizzatori -, perché è stato pensato per avere un suo peculiare valore aggiunto, proprio per quello sfondo integratore culturale che ne fa un microcosmo in perfetto equilibrio, una vera e propria gemma».
Nel corso delle tre giornate si svolgono numerosi stage di ballo, principalmente Kizomba e Semba, ma anche danze tradizionali del folklore angolano, condotti, oltre che dagli stessi Fernando e Michela, da altri artisti e maestri angolani che vivono in vari Paesi del mondo, molti dei quali sono presenti fin dalla prima edizione.
Evento nell’evento è il seminario, che si svolge all’ombra del ‘jango’ (la capanna della comunità del villaggio in Angola, ricreata appositamente), durante il quale il Kota (in questo caso il maestro Fernando Rodrigues) racconta la storia, le tradizioni, i percorsi del popolo angolano nei lunghi secoli della schiavizzazione, la diffusione nel mondo e le conseguenti trasformazioni della gente d’Angola, della sua cultura e dei forti legami che si sono conservati, trasmessi dalla forza e dalla resistenza dell’oralità.