Acquasparta: «Bacheche anti-aborto al distretto sanitario. Sgomento». La replica

Lettera di una cittadina: «Si demonizza in maniera grottesca quanto sancito dalla legge italiana». La replica di un lettore cattolico che cita Berlinguer

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di Michela Chiappini

Da qualche mese ho deciso di acquistare una casa ad Acquasparta (Terni), una piccola realtà con una grande storia culturale e scientifica alle spalle. L’Accademia dei Lincei e gli sforzi di Federico Cesi di abbracciare un sapere che andava al di là delle tradizioni e delle autorità, non sembrano aver dato i propri frutti nella società civile odierna.

Qualche settimana fa mi sono recata a fare delle semplici analisi di routine al distretto sanitario ubicato in via Roma 1 e, prima di entrare, la mia attenzione si è rivolta alla bacheca sita all’ingresso ed occupata da delle locandine con scritto ‘l’aborto uccide un bambino’ etc., tutte correlate con delle immagini di feti abbastanza agghiaccianti e proponendo delle alternative piuttosto discutibili.

Oltre ad essere una cittadina del paese sopracitato, sono anche una educatrice sociale e pensare che ogni bambina e ragazza possa inevitabilmente leggere questi messaggi davanti a un presidio pubblico dedicato alla cura sanitaria, mi provoca un grande disagio e sgomento. Demonizzare in maniera grottesca un diritto sancito dalla legge italiana, come l’interruzione volontaria della gravidanza, e colpevolizzare le donne che vi ricorrono è senza dubbio un messaggio che lede la libertà e il diritto di autodeterminazione.

Ricordo che le istituzioni hanno già fatto sì che le donne che interrompono una gravidanza debbano affrontare un percorso ad ostacoli che, oltre alla carenza di medici e strutture, molto spesso include umiliazioni e pressioni psicologiche. Chiedo pertanto che la mia indignazione sia utile prima di tutto per rimuovere quei cartelloni portatori di un messaggio fuorviante e nocivo delle libertà individuali e per far riflettere sull’importanza del potenziamento della legge 194.


di Alessandro Sgrigna (Terni)

Premetto che, in quanto cattolico, condivido la posizione della Chiesa in materia. Ma per aiutarci a comprendere lo spirito della 194, forse possono risultare utili le parole, estratte da un comizio, pronunciate da un noto politico italiano nel 1981, a difesa di quella legge. Quel politico era Enrico Berlinguer: «[…] E’ però legittimo che i cittadini e soprattutto i giovani e le ragazze sentano che a questa scelta sono connesse delle questioni generali e di fondo e si interroghino su di esse e vogliano conoscere la posizione dei comunisti. Anzi tutto deve essere chiaro a noi stessi e agli altri, che noi in quanto fautori della legge 194 e anche in quanto comunisti, non difendiamo l’aborto, non lottiamo per la libertà di abortire, non riteniamo l’aborto una conquista civile, né tantomeno un fatto positivo. Così come la legge non approva, né favorisce in alcun modo l’aborto, così come le donne che hanno lottato per la fondazione di questa legge e la società, lo Stato che dà le leggi hanno promulgato, non promuovono, né accettano, né approvano l’aborto; solamente ne riconoscono l’esistenza e cercano con opportuni strumenti legislativi, di contenerne i guasti e di avviare mutamenti culturali e mutamenti sociali, che tendano gradualmente a farlo scomparire come atteggiamento culturale e come fatto sociale. Noi non siamo dunque abortisti, l’aborto resta per noi un male, per i traumi che sempre produce nella donna, per il danno che procura al corpo sociale […]».

In ultima analisi, siamo davvero sicuri che se una ‘immagine agghiacciante’ inducesse anche una sola donna a riconsiderare il proposito di abortire, ci stracceremmo le vesti gridando alla ‘lesione della libertà’, piuttosto che far festa per la nascita di un bambino, come sempre accade (o dovrebbe accadere)?

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