Ast: rifiuti speciali ‘nascosti’ in mezzo al ferro. Sei indagati, anche un classificatore

La procura di Perugia ha chiesto il processo per le persone coinvolte nell’indagine condotta dai carabinieri del Noe

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La procura della Repubblica di Perugia ha chiesto il processo per sei persone a seguito di un’indagine sviluppata dai carabinieri del comando provinciale di Terni, in collaborazione con i colleghi del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Perugia, incentrata sul conferimento di materiali ferrosi alle acciaierie Arvedi-Ast di Terni. A spiegarlo in una nota è la stessa procura perugina che chiarisce come in fase di indagine siano stati utilizzati «metodi tradizionali, con controlli e appostamenti, ma anche «una lunga e proficua attività di intercettazione telefonica». Ipotizzati i reati di associazione per delinquere, truffa e «plurime ipotesi di traffico illecito di rifiuti».

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In mezzo al ferro, rifiuti speciali di ogni tipo

«L’indagine – spiega in una nota la procura di Perugia, diretta da Raffaele Cantone – ha riguardato ingenti quantitativi di rifiuti, qualificati come materiali ferrosi direttamente utilizzabili per la fusione, nell’ambito dei quali erano occultati e frammisti in modo fraudolento rifiuti speciali di varia natura (quali bombole, contenitori di spray, materiali imbrattati di oli esausti, dischi di frizione e pastiglie freno con presenza di ferodo, filtri di olio, fusti metallici contenenti materiali ferrosi imbrattati di oli, materiali plastici ed inerti), provenienti da una ditta di recupero di materiali ferrosi operante in provincia di Caserta, trasportati da ditte terze pure campane, per essere conferiti presso l’Ast di Terni».

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La compiacenza di un classificatore

«L’obiettivo del conferimento, secondo quanto è emerso, sarebbe stato duplice: da un lato farsi pagare da Ast come rifiuti ferrosi riutilizzabili, materiali che non avevano le caratteristiche indicate; dall’altro effettuare uno smaltimento illegale di rifiuti speciali, risparmiando quindi le spese che sarebbero state necessarie con le regolari procedure di smaltimento. In alcuni casi – prosegue la procura di Perugia – la ditta casertana sarebbe riuscita ad effettuare i conferimenti anche grazie alla presunta complicità di un classificatore dell’Ast di Terni. In altri casi, quando la ditta non era riuscita ad avvalersi del soggetto compiacente all’interno di Ast, i metodi per occultare il rifiuto fra il materiale ferroso erano vari. In particolare si distribuiva il predetto nel carico, così da provare a sfuggire ai controlli, si ricorreva a nuove consegne distribuendo il carico illecito fra successive consegne o, anche, si sostituiva il documento di trasporto».

Raffaele Cantone

L’ipotesi associativa

Le indagini hanno fatto emergere «un grave quadro indiziario di un vero e proprio sistema organizzato di traffico illecito di rifiuti, con ripartizione di compiti fra i partecipi, tanto da consentire di ipotizzare anche la fattispecie associativa nei confronti, oltre che del titolare della ditta campana, anche di un suo stretto collaboratore che partecipava attivamente alla gestione del traffico, di tre soggetti che si erano occupati dei trasporti e del già citato classificatore. Con riferimento ai rifiuti che sarebbero stati conferiti, direttamente o indirettamente, dalla ditta all’Ast di Terni, si è anche ipotizzato il delitto truffa in danno di Ast medesima, da ritenersi quindi parte offesa del reato, per essere stata indotta in errore sulla qualità e quantità del rifiuto. Tutti gli imputati – conclude l’ufficio diretto dal procuratore Cantone – hanno ricevuto regolarmente avviso di conclusione delle indagini ed hanno avuto la possibilità di richiedere di essere interrogati e di presentare elementi a loro discolpa e potranno, comunque, in sede di udienza preliminare far valere le loro eventuali ragioni».

Ast-Arvedi: «Soddisfazione e gratitudine»

Sulla vicenda interviene Ast-Arvedi con una nota in cui esprime «soddisfazione e gratitudine alle autorità inquirenti che hanno permesso il rinvio a giudizio di sei persone per i delitti di associazione a delinquere, truffa e traffico illecito di rifiuti, che coinvolgerebbe anche un dipendente Ast il quale, all’epoca dei fatti, svolgeva la mansione di classificatore. L’inchiesta ha avuto origine nel 2018 su segnalazione di Acciai Speciali Terni che ha prontamente individuato anomalie nelle operazioni di controllo e verifica del rottame consegnatole da un fornitore e ha, di conseguenza, informato le autorità inquirenti chiedendo il loro intervento. Acciai Speciali Terni – prosegue la nota – durante tutta la lunga fase di indagine preliminare, ha costantemente collaborato con gli inquirenti e le forze dell’ordine fornendo loro il relativo fattivo supporto. L’azienda ribadisce e conferma il proprio inflessibile impegno nel rispettare ed esigere la rigorosa osservanza della legge e delle disposizioni del proprio Codice Etico e di Condotta».

L’assessore comunale: «Bene ma sistemi di controllo fragili»

Si registra anche l’intervento dell’amministrazione comunale per voce dell’assessore all’ambiente Mascia Aniello: «Ringrazio il dottor Raffaele Cantone, la procura della Repubblica di Perugia, il comando carabinieri di Terni e il Noe Umbria per le attività di indagine messe in campo contro l’ennesimo traffico illecito di rifiuti in Ast, con plastiche, oli, inerti e altro buttato illegalmente in mezzo ai rottami. Non è purtroppo la prima volta – prosegue la Aniello – che presso le Acciaierie di Terni si verificano episodi del genere. Basti ricordare che, negli ultimi 10 anni, sono almeno tre le indagini simili di cui si ha notizia, a partire da quella denominata ‘Acciaio sporco’, qui con fenomeni corruttivi di ampia portata. Non abbiamo tuttavia cognizione di quante altre volte svariati soggetti siano riusciti a farla franca, pregiudicando ambiente e salute pubblica, considerando che uno studio accademico internazionale pubblicato nel 2018, svolto a Terni, ha rilevato che, quanto più si è prossimi all’industria siderurgica di viale Brin, tanto più le querce registrano tenori crescenti addirittura di uranio, ipoteticamente quindi finito più volte nei forni fusori. D’altra parte, pur non essendoci indagini giudiziarie, non meno preoccupanti restano i tassi di cromo, nichel, mercurio, diossine/PCB sprigionati dai processi fusori, per non parlar d’altro in questa sede, con contaminazioni costanti e accertate su tutte le matrici. Le indagini giudiziarie finora rese note manifestano ancora una volta la fragilità dei sistemi di controllo interni ed esterni alle Acciaierie, controlli con ogni evidenza da rafforzare ulteriormente, senza fingere che vada tutto bene, come non di rado accade da parte della politica regionale: per alcune di queste strutturali carenze – prosegue l’assessore comunale – chiederemo conto proprio agli uffici di palazzo Donini, essendo la Regione ente competente in materia di AIA-VIA. Frattanto Terni, la sua immagine nell’Umbria ‘Cuore verde d’Italia’, rimane la prima vittima degli illeciti, con incalcolabili conseguenze per ambiente e salute pubblica».

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