di Giovanni Cardarello
«Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Lo recita l’articolo 53 della Costituzione italiana. È un principio basilare del patto sociale che tiene in vita il Paese. Ma purtroppo in alcuni casi il dettato costituzionale si scontra con la cosiddetta ‘Costituzione materiale’. Banalmente con la realtà.
Soprattutto da quando con la riforma del Titolo V del 2001 è stato introdotto il cosiddetto ‘regionalismo spinto’, quello che devolve alle singole Regioni la gestione della sanità e delle addizionali sulle aliquote Irpef. La materia è stata oggetto di aspro dibattito politico in Umbria nelle ultime settimane. Cuore del dibattito, la copertura del disavanzo di bilancio – l’ambito è quello della sanità – certificato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in 73 milioni di euro.
Disavanzo che l’assemblea Legislativa ha coperto votando una legge, una manovra di bilancio, che aumenta le aliquote Irpef (e l’Irap). I dati sono ormai noti e ufficiali. I redditi fino a 15 mila euro lordi non subiscono aumenti, l’aliquota resta all’1,23%. I redditi dai 15 mila ai 28 mila euro lordi usufruiscono di una riduzione passando da un’aliquota di 1,62% a 1,23%, con un risparmio che va dai 20 ai 51 euro. I redditi da 28.001 a 50 mila euro passano al 3,12% ma con uno sgravio di 150 euro. I redditi sopra i 50 mila euro salgono all’aliquota massima del 3,33%.
E torniamo al discorso delle progressività e in particolare dello ‘scalone’, come lo definisce il quotidiano La Nazione, che si è determinato tra chi guadagna 28 mila euro e chi ne guadagna 28.001. Il salto è imponente perché si passa dal vecchio 1,62% (ora 1,23%) al 3,12%. E l’effetto sulle tasche dei contribuenti umbri è notevole. Lo spiega bene la tabella del quotidiano. Nella simulazione si mettono a confronto i redditi tra 28 mila 28.001, 29 mila, 30 mila e 31 mila euro lordi.
Tenendo conto anche dello sgravio di 150 euro, si passa da una tassa di 344,40 euro per chi dichiara 28 mila euro, ad una tassa di 505,22 euro per chi dichiara un solo euro in più. La salita è ovviamente maggiore per chi dichiara 29 mila euro, dove la tassa è di 533,30 euro. Per chi ne dichiara 30 mila, qui la tassa è di 564,5 euro e per chi indica 31 mila euro è pari a 595,7 euro.
Il dato, ovviamente, diventa ancora maggiore salendo per i rami degli scaglioni più alti. E qui è Il Messaggero a dare conto degli aumenti. Due gli esempi più calzanti. Chi guadagna 50 mila euro lordi passa da 762,50 euro di tasse regionali a 1.338,50 euro. Chi arriva, bontà sua, a 70 mila euro lordi passa da 1.128,50 a 2.004,50 euro. In entrambe i casi la maggiorazione è del 43%. Quasi il doppio.