Il piccolo Alex tornerà a casa in una bara: funerali in Ungheria

La procura concede l’autorizzazione. Il padre ha ricostruito la vicenda e i rapporti con la madre del bimbo ucciso

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di P.C.

Sarà un’agenzia ungherese a farsi carico della più triste delle incombenze: riportare a casa il corpo di un bimbo di due anni martoriato da sette coltellate, che lo hanno ucciso. Si chiamava Alex. E il fatto che la principale indiziata del più atroce dei delitti sia la madre, Katalin Erzsebet Bradacs, aggiunge dramma al dramma.

LA MORTE DEL PICCOLO ALEX

La richiesta del padre in procura

Quella di riportare il piccolo Alex a casa per poter organizzare il funerale è stata la prima richiesta che Norbert Juhasz, padre del bambino ucciso dieci giorni fa in un casolare di Po’ Bandino, a Città della Pieve, ha fatto al pm Manuela Comodi appena arrivato negli uffici della procura della Repubblica di Perugia, accompagnato dal suo legale, l’avvocato romano Massimiliano Scaringella. E mentre i due erano ancora a colloquio con i magistrati perugini è trapelata la notizia che la procura ha fornito il proprio nulla osta, dopo gli esami di rito, necessari e inevitabili per delineare con maggiore precisione i dettagli di questa assurda vicenda. Qualche giorno per organizzare il tutto, poi si svolgeranno i funerali. Intanto va avanti l’iter giudiziario.

«Agito secondo le regole»

All’arrivo in procura, l’uomo ha preferito non parlare, infilando alla svelta il portone della procura e lasciando al suo avvocato, il cui studio legale romano è specializzato anche in vicende internazionali con l’Ungheria e altri paesi dell’est Europa, il compito di parlare con la stampa. «Il mio assistito ha agito secondo le regole, chiedendo l’affido del piccolo non appena si sono avute le avvisaglie dei problemi della madre, il tribunale ungherese ha emesso un nuovo provvedimento con discreta celerità, forse è mancato qualcosa nel dar seguito a tale decisione (il bimbo doveva essere riconsegnato al padre il 23 settembre; ndr), poi la situazione è precipitata, con le conseguenze che tutti conosciamo».

Le parole dell’avvocato all’ingresso

I rapporti tesi, l’addio, le minacce, le ritorsioni

I magistrati perugini volevano capire cosa fosse successo fra Norbert e Katalin nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti il drammatico epilogo. L’uomo e il suo legale hanno ricostruito minuziosamente l’intera vicenda, dalla relazione, al parto, alla separazione fino al primo affidamento del piccolo alla madre (con facoltà per il papà di vederlo periodicamente). Poi il ribaltamento, dopo la richiesta di lui, per i problemi palesati dalla donna. Quindi lo scambio di messaggi, le minacce, infine la follia di quella mattinata, a Po’ Bandino.

Il papà parte civile nel processo

Non appena dovesse esserci richiesta di rinvio a giudizio, Norbert Juhasz chiederà di costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario. Un modo per seguire da vicino la vicenda ma anche per essere testimone, con la sua presenza, di una istanza verso le istituzioni: «Il suo desiderio è che la tragica vicenda di Alex possa servire da monito affinché nessuno debba vivere in futuro il dramma vissuto da lui in questi giorni», sottolinea l’avvocato. 

Pur di non rispettare l’ordine del giudice, Katalin ha scelto di distruggere la vita. Carcere confermato

 

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