‘Kill shot’ a Perugia, altri nove arresti

Nuova retata della polizia contro una banda di cittadini tunisini: inflitto un duro colpo alla rete dello spaccio di droga in città

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di E.M.

Altri nove provvedimenti di custodia cautelare, sei dei quali sono già stati eseguiti mentre tre persone risultano ricercate. L’operazione ‘Kill shot’, scattata venerdì scorso a Perugia e in un primo momento chiamata erroneamente ‘Kill shop’, è ancora in pieno svolgimento. Dopo l’arresto dei «rami bassi» che si occupavano di distribuire sostanze stupefacenti nel capoluogo umbro (link pezzo vecchio), stavolta è stata colpita la «testa» dello spaccio.

Le indagini Da quella prima retata – hanno spiegato il questore di Perugia Francesco Messina e il dirigente della Squadra mobile Marco Chiacchiera – è partito un secondo filone di indagine, che ha portato all’individuazione di quello che si può definire il «livello superiore» dell’organizzazione: un gruppo di cittadini tunisini che già in passato erano stati arrestati e che avevano ricominciato a svolgere l’attività di gestione dello spaccio a Perugia. Uno di loro fungeva da intermediario: grazie al rapporto diretto con un fornitore magrebino che opera a Napoli, metteva in contatto con lui tutti gli altri, tra i più importanti grossisti di Perugia, con il monopolio di Ponte Felcino, Ponte Valleceppi, corso Cavour e del parco di Santa Margherita. Le indagini coordinate dal pm Manuela Comodi sono, secondo il questore, un importante passo in avanti perché «incidono non solo sulla manovalanza ma anche su chi la gestisce». E mentre nella prima tranche dell’operazione sono stati colpiti soggetti che agivano un paio di anni fa, i “boss” in questione erano attivi fino a qualche giorno fa.

La banda Tutti di età compresa tra i 30 e i 40 anni, spacciavano fino a 50 dosi al giorno: soprattutto eroina, ma anche cocaina. Le misure cautelari, convalidate dal gip Lidia Brutti, sono state eseguite ieri: per quattro dei tunisini sono scattate le manette proprio nella zona in cui gestivano lo spaccio di stupefacenti a Perugia, mentre gli altri due si trovavano a Siena e a Milano. Il fornitore che opera nel napoletano, invece, è ancora ricercato. «Tra i vari componenti – ha spiegato il vicequestore Marco Chiacchiera – esisteva un patto abbastanza stretto, ai limiti dell’associazione a delinquere, con una suddivisione dei ruoli precisa che non consentiva commistioni». La caratteristica dei magrebini riguardava anche la gestione dei quantitativi: grazie ad un monitoraggio della domanda costante, infatti, tenevano con sé soltanto il necessario e mai dosi di droga massicce.

«Area multietnica» L’attenzione della Polizia – ha assicurato il questore – si sta concentrando sempre di più sulle zone di Ponte Felcino e Ponte Valleceppi. Oltre a ‘Kill shot’, in questo periodo sono state arrestate altre cinque persone ed otto sono state accompagnate alla frontiera. Ma su Fontivegge, nonostante «lo spaccio visibile sia diminuito» si continua a lavorare per riportare tutta l’area nella legalità. La base da cui partire, secondo Messina, è tenere conto che si tratta di un’area multietnica e per questo «si dovranno creare le condizioni per far rispettare le regole del nostro ordinamento». Ma la chiusura dei locali non è la via giusta: «bisogna consentire che queste persone abbiano dei luoghi di aggregazione, ma bisogna assicurare il rispetto delle normative previste». E per migliorare le condizioni di vita del quartiere, sia per gli stranieri che per gli italiani, la repressione dello spaccio conta solo in parte: c’è bisogno anche di «riqualificazione urbana, maggiore illuminazione e magari di cambiare alcuni sensi di marcia».

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