L’Umbria delle crisi: «Serve un piano serio»

Mario Bravi (Ires Cgil): «Saranno circa 200 i lavoratori dal prossimo 12 ottobre rimarranno senza alcun sostegno»

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«Nonostante i ripetuti annunci fatti negli ultimi otto anni, tutti caduti nel vuoto, su ipotesi relative alla reindustrializzazione dell’area ex Merloni, la situazione reale, ad oggi, registra un progressivo, ulteriore, inarrestabile impoverimento del territorio che comprende la dorsale appenninica umbro-marchigiana», a dirlo è il presidente di Ires Cgil, Mario Bravi.

Sostegno cercasi «L’ultima urgenza, in termini temporali – spiega – è quella che riguarda i circa 200 lavoratori, ora in mobilità, con un età inferiore ai 50 anni, che dal prossimo 12 ottobre rimarranno senza alcun sostegno: il loro reddito passerà da 620 euro mensili a zero. Queste persone non avranno alcuna risposta reale dal tanto reclamizzato e propagandato Sia (Sostegno per l’inclusione attiva; ndr) che appare evidente essere solo la classica goccia d’acqua nel deserto».

La fascia appenninica In un’area come quella della fascia appenninica umbra, spiega Bravi, «dove si sono persi negli ultimi anni oltre 3 mila posti di lavoro su 70 mila abitanti e dove è in corso un rilevante processo di spopolamento, ancora una volta non si registra quindi alcun passo in avanti, alcuna discontinuità, alcun intervento concreto per rimettere in moto un processo di sviluppo e di crescita dell’economia. Nonostante le rassicurazioni della viceministro Teresa Bellanova e del vicepresidente della Regione Fabio Paparelli anche l’attività della JP Industries è ferma così come l’accordo di programma».

«Serve un piano serio» Secondo il presidente di Ires Cgil, poi, «la speranza di utilizzare la legge 181/89 è rimasta una pia illusione. I 13 milioni di euro previsti rischiano di non essere utilizzati. Infatti su 23 domande pervenute solo due sono in fase istruttoria. Questa situazione ci dice in maniera inequivocabile che la più grande vertenza di deindustrializzazione dell’Italia centrale potrebbe seriamente chiudersi con un nulla di fatto. Tutto questo è inaccettabile e mette in forte discussione anche il ruolo svolto dalle stesse istituzioni, locali e nazionali. Quello che invece serve, lo ribadiamo per l’ennesima volta, è una rapida inversione di tendenza con un progetto complessivo, chiaro, concreto, realistico. che rimetta al centro il lavoro e lo sviluppo».

 

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