C’è forte preoccupazione tra i lavoratori della Mignini e Petrini di Petrignano d’Assisi, storica azienda che produce mangimi alimentari, con circa 80 dipendenti nel sito umbro (e altri 3 stabilimenti tra Bologna, Napoli e Brindisi). Lunedì mattina insieme ai loro sindacati (Flai Cgil e Uila Uil) hanno dato vita ad un presidio davanti ai cancelli della fabbrica umbra per denunciare «l’immobilismo della proprietà a fronte di una situazione ogni giorno più insostenibile».
Mignini-Petrini, i sindacati proclamano lo stato di agitazione. L’azienda risponde
«Serve cambio di rotta»
«La perdita costante di fette di mercato sta rallentando fortemente la produzione – hanno spiegato i sindacati – costringendo i lavoratori del sito umbro ad utilizzare il proprio monte ferie per far fronte alla fermate produttive, mentre in altri stabilimenti del gruppo, come Bologna, è già attiva la cassa integrazione. Questo è dovuto ad una strategia commerciale a nostro parere sbagliata e a una politica aziendale che negli ultimi anni, dentro la pandemia, ha puntato tutto su esternalizzazioni e riduzione dei costi. È evidente che serve un immediato cambio di rotta e per questo abbiamo proclamato lo stato di agitazione e indetto questo presidio».
Un primo risultato
Presidio che ha portato subito un risultato: è infatti arrivata a stretto giro la convocazione di un incontro sindacale da parte dell’azienda. «Chiederemo prima di tutto il rispetto delle promesse fatte, a partire dalla reinternalizzazione di alcuni servizi – annunciano Flai Cgil e Uila Uil – e poi serve un piano di rilancio vero che scongiuri una crisi occupazionale che davvero non possiamo permetterci».