Nella sala Caracciolo del Beata Lucia di narni saranno esposte le opere d’epoca del narnese Primo Dorelllo in 3D: un’esperienza con visore e occhiali anaglifici che porta lo spettatore dentro le ‘Città dell’Umbria’ di un tempo che fu. Questa solo una delle proposte del nono festival internazionale ‘Narnimmaginaria’. L’omaggio al medico anatomopatologo e docente di anatomia, fotografo per hobby, nato nella città dell’Anello nel 1872 e morto a Bologna nel 1936, sarà possibile grazie alla collaborazione con l’Archivio di Stato di Terni. Il professore ha lasciato una notevole collezione di lastre di vetro realizzate con la tecnica stereoscopica (1336 positive e 337 lastre negative). Le immagini testimoniano principalmente il paesaggio e le città umbre nel primo novecento. Costituiscono una preziosa fonte iconografica per documentare le trasformazioni del paesaggio rurale, urbano ma anche umano, quello che più di tutto guida i volontari della Sator nella selezione di autori e lavori. ‘Narnimmaginaria’ è centinaia di opere, di diversi autori, che accompagneranno gli spettatori dentro alcune delle più belle location della città, che attrae sempre più fotografi anche da oltre oceano per un appuntamento curato con amore e passione, reso possibile grazie al contributo di fondazione Carit che ha finanziato il progetto. Nelle due settimane dal 19 ottobre al 3 novembre Narni si trasforma in un grande laboratorio fotografico. In programma non solo mostre, ma anche incontri con fotografi, presentazioni di libri, letture portfolio, workshop fotografici, spettacoli e passeggiate fotografiche.
Tra i sentieri fotografici proposti c’è quello del ‘Fiume po’: Michael Kenna racconta attraverso le immagini il fiume più lungo d’Italia, nell’intimo rapporto ‘umano’ che ha stabilito col corso d’acqua da quando si sono conosciuti la prima volta nel 2007 (esposizione nella chiesa Beata Lucia). Ma da Narni arriva molto lontano anche un particolare ‘Buongiorno’. Si chiama ‘Good morning, America’ la mostra di Mark Power (fotografo Magnum) che propone un racconto completo, ma non conclusivo, di quello che è il paesaggio urbano americano, partendo dalle lontanissime lande del North Dakota fino ad arrivare all’estremo opposto. Nelle immagini clima, politica, cultura e società. A disposizione di Richard Billingham, invece, la sede dell’associazione Sator (Pozzo Romano); qui sarà possibile immergersi in ‘Ray’s laugh’. Il giovane fotografo inglese ha prodotto questo reportage familiare molto intimo e allo stesso tempo drammatico, evidenziando i risvolti di una vita dominata dalla povertà e dall’alcolismo del padre. E quanto ‘rumore’ interiore è destinata a fare l’esposizione ‘Into the silence’ di Carlo Bevilacqua che racconta gli eremiti del terzo millennio. Presso il complesso San Domenico in mostra affascinanti immagini e ritratti di un’umanità sorprendente con chiare influenze pittoriche. Laici o religiosi, cattolici o ortodossi, sciamani guaritori o semplici poeti amanti della solitudine, la loro testimonianza hanno un effetto potente. Il viaggio dentro le location di Narni prosegue verso terre lontane: entrando a palazzo dei Priori, le opere di Dario De Dominicis conducono a Guanabara, il porto naturale di Rio de Janeiro, dove lo sviluppo industriale si sta accaparrando il territorio a discapito della pesca tradizionale, lasciando solo il 12% dell’intera area a 8 mila pescatori. Qui, ‘To the left of Christ’ le compagnie petrolifere hanno colonizzato la baia dalla superficie al fondo del mare. C’è la sensibilità di una donna invece dietro gli scatti di ‘Vitiligo’. L’occhio di Rosa Mariniello raccoglie una serie di ritratti ambientati di persone affette da vitiligine. Le immagini offrono allo sguardo una dimensione privata, spesso sofferta per canoni estetici dominanti. Interazioni sociali, rapporti sentimentali e sessuali, e carriera di una persona affetta da vitiligine sono lì, immortalati ed esposti nel complesso San Domenico. Delicatezza e fugacità dell’esistenza, attraverso l’immortalità visiva. Si chiama ‘Evanescenze orfiche’ la proposta di Tina Salipante a palazzo dei Priori. Una figura femminile avvolta in atmosfere fiabesche dall’aura misteriosa; simboli enigmatici, come scale che si perdono nel nulla, occhi che scrutano l’oltre, piedi che sfiorano confini sconosciuti sono solo alcuni tratti di un viaggio per immagini al confine tra sogno e realtà. Ma come non sfruttare il suggestivo borgo di Stifone alle Gole del Nera: qui ‘Terra di dove finisce la terra’ di Daniela Gallo che con una chiave di lettura forte di un’attualità ‘distruttiva’, mette in parallelo due popoli in continuo esilio: Palestina e Calabria. L’assenza di Stato è il denominatore comune. Abuso, abbandono, arretratezza, isolamento, terre meravigliose ma violate, snaturate, distrutte: stessi occhi, stessa rabbia, stessa sospensione.