Periferia nel degrado, un presidio a Terni

I residenti del quartiere Santa Maria Maddalena sabato mattina si riuniranno «per dire basta, siamo stanchi di aspettare»

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«È ora di dire basta. Strade incompiute, eterni cantieri, assenza di un’area verde e mancata consegna dei certificati di agibilità. Sono questi i regali dell’amministrazione per il nostro quartiere». La denuncia, a gran voce, arriva nuovamente dal ‘Comitato Santa Maria Maddalena’ di Terni, che sabato 18 marzo alle 11.30 organizza un presidio di protesta.

Il presidio «Dove sono gli interventi promessi a giugno 2015?», si legge nel volantino diramato dal Comitato. E ancora: «Quali imprese edili sottoscriveranno l’atto aggiuntivo alla convenzione? Chi si assumerà la responsabilità di risolvere concretamente la situazione? Siamo stanchi di aspettare. I residenti di Santa Maria Maddalena meritano rispetto».

Termini stringenti «Sentiamo ripeterci ormai da troppo tempo che la nuova convenzione è pronta e che con la sottoscrizione della stessa, le imprese edili coinvolte si occuperanno dell’esecuzione di quelle opere urbanistiche mai realizzate», si leggeva in una nota del Comitato a gennaio. Il comitato ribadiva «come sia prerogativa la stipula non solo di impegni certi, ma anche di termini stringenti, a carico delle ditte sottoscriventi, se non vogliamo che si ripeta il teatrino a cui hanno dovuto assistere i residenti in tutti questi anni. E’ per ciò necessario, che quanto prima assessore e tecnici vengano riconvocati in seduta di commissione, per rendere pubblici i contenuti di detta convenzione, prima ancora che qualsiasi firma vi venga apposta».

Le informazioni più aggiornate, da palazzo Spada, le aveva fornite, sempre a gennaio, Federico Nannurelli: «La vicenda è stata caratterizzata da un giudizio del Tar e poi del Consiglio di Stato per la fase di aggiudicazione dei lavori, da imprevisti ambientali dovuti al ritrovamento di rifiuti pericolosi nel sottosuolo, scorie contenenti metalli pesanti, che hanno imposto una bonifica ambientale, interferenze con una lottizzazione privata non completata che hanno imposto varianti, il concordato fallimentare dell’impresa appaltatrice e la cessione del ramo di azienda che ha imposto una complessa procedura di subentro, l’avvio di una procedura di recesso in danno e l’avvio di una procedura transattiva per portare a termine i lavori. Mancano fasi operative stimate in 10 mesi». Dopo il fallimento dell’impresa, i lavori sono stati affidati da un’altra, ma «quella subentrata è in crisi – spiegava ancora Nannurelli – e abbiamo chiesto un parere all’Anac per valutare la legittimità di ridurre l’importo dei Sal. Entro un mese avremo una risposta. O si proseguono i lavori alle nuove condizioni di una transazione prevista dall’articolo 239 del codice dei contratti pubblici o si deve riappaltare l’opera».

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