Perugia, caso Presta: 30 anni per Rosi

Sentenza del Gup nel pomeriggio di mercoledì. Il pm aveva chiesto l’ergastolo. Marini e Pucciarini: «Sentenza segna fondamentale passaggio culturale»

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Francesco Rosi è stato condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Raffaella Presta, avvocato penalista, uccisa con due colpi di fucile il 25 novembre 2015, nelle giornata contro la violenza sulle donne. La sentenza è stata emessa dal Gup di Perugia Alberto Avenoso.

Rigettata la richiesta di ergastolo Il processo si è svolto con rito abbreviato. Per Rosi, agente immobiliare di 44 anni, lo scorso 17 marzo il pubblico ministero Valentina Manuali aveva chiesto l’ergastolo con l’aggravante della crudeltà e della premeditazione.

Un figlio di 6 anni Un matrimonio durato 20 anni, macchiato da litigi e violenze venute a galla solo dopo il delitto.. Quella sera, nell’appartamento in via del Bellocchio, c’era il figlio di 6 anni Dopo aver ucciso la moglie, Franceso Rosi aveva chiamato i carabinieri e si era costituito, dichiarando di aver agito per un raptus improvviso.

«Passaggio culturale fondamentale» Nel tardo pomeriggio arrivano i commenti della presidente della Regione, Catiuscia Marini, e di Chiara Pucciarini, presidente del Centro per le pari opportunità della Regione (costituitosi parte civile nel processo): «La sentenza – sottolinea – segna un passaggio culturale fondamentale nel solco della Convenzione di Istanbul, riconoscendo una valenza non solo simbolica, ma anche politica, all’impegno dei soggetti che quotidianamente operano nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere e assegnando loro un risarcimento tangibile. Il femminicidio di Raffaella Presta, oltre ad avere stroncato la sua giovane vita e ad avere distrutto quella dei suoi familiari, ha inflitto una ferita profonda a tutta la nostra comunità, al contempo rafforzando la determinazione di chi , istituzioni e associazioni di donne, riconosce la necessità di superare logiche emergenziali intervenendo invece con azioni sistemiche volte anche a contrastare pregiudizi e stereotipi di genere. In questo senso la L.R. 14/2016 della Regione Umbria, da poco approvata, ha il pregio, in particolare, di avere recepito ciò che, da sempre, chi opera nel contrasto alla violenza di genere pone come necessario, ovvero lavorare secondo un approccio integrato e multifattoriale. L’auspicio – concludono – è che questo importante strumento possa contribuire a produrre quel cambiamento culturale che garantisca a sempre più donne la possibilità di un’esistenza libera dalla violenza affinché tragedie come quella di Raffaella e le altre non debbano ripetersi».

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