Attività di carattere sanitario senza le autorizzazioni necessarie, fascicoli aperti per frode in pubblica forniture e truffa in danno degli enti, ragazzini con gravi problemi sanitari provenienti sempre dagli stessi luoghi.
Il sequestro Scende un’altra ombra sulla comunità Il piccolo carro gestita da moglie e marito, la presidente Cristina Aristei e il vicepresidente Pietro Salerno, di 49 e 55 anni. Il gip di Perugia Lidia Brutti ha infatti disposto il sequestro di 6,3 milioni di euro riconducibili proprio alla cooperativa che, in tutta l’Umbria, gestisce strutture per l’accoglienza di minori. Strutture già poste sotto sequestro nel novembre del 2016 da parte della Guardia di finanza perugina lasciando però in funzione la comunità .
Nelle strutture, dislocate tra Perugia, Assisi e Bettona e dove per ogni minore la retta era di 400 euro, secondo le indagini venivano svolte anche attività terapeutiche e sanitarie nonostante non ci fossero le autorizzazioni e non fosse mai stata neanche avviata l’autorizzazione all’esercizio di attività socio sanitaria. Per questo le rette erano alte, secondo l’accusa che contesta illeciti amministrativi a marito e moglie.
La firma Tra le questioni ancora sotto la lente della Procura ci sarebbe anche copia della lettera con cui la Regione Umbria, nel maggio del 2013, parlava della valenza terapeutica della cooperativa e del processo di accreditamento. Una lettera sulla cui firma ci sono dubbi e il cui effettivo autore sarebbe ancora ignoto.
Il M5S Da tempo a chiedere di far luce su una vicenda già di per sé troppo opaca – con il figlio della Garante regionale per l’infanzia, Maria Pia Serlupini, che appare ancora tra i soci della cooperativa nel bilancio 2016 – c’è il Movimento 5 stelle che aveva denunciato, già mesi fa, rette troppo alte per i servizi erogati e casi ‘gravissimi’ di tipo sanitario all’interno delle strutture dove non potevano essere trattati. «Dodici mila euro a ragazzo al mese sono somme enormi – commenta la consigliera regionale Maria Grazia Carbonari – fanno cinque milioni di euro all’anno. Bilanci pubblici, eppure ci sono voluti anni per intervenire. Il Tar, con una sentenza dello scorso maggio, ha dato ragione al comune di Assisi facendo chiudere la struttura, mentre nonostante la revoca del comune di Perugia le strutture hanno continuato ad operare in proroga. Quando si tratta di ragazzi e minori con difficoltà l’attenzione deve essere massima. Noi continueremo a vigilare».