Sergio Pirozzi: «Porto in Europa la voce delle aree interne ignorate»

L’ex sindaco di Amatrice è candidato con la coalizione di Cateno De Luca. «Tante popolazioni europee a forte rischio sismico. Si deve agire»

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Fra i candidati in lizza per un posto in Europa c’è anche l’ex sindaco di Amatrice, ed ex consigliere regionale del Lazio, Sergio Pirozzi. Un nome ed un volto diventati noti a molti, in particolare dopo i tragici terremoti dell’agosto 2016 che hanno sconvolto intere comunità, come quella del comune in provincia di Rieti che ha visto la distruzione di vite, famiglie, dell’economia locale, dei beni culturali del territorio. Ora Pirozzi è candidato con la lista ‘Libertà’ dell’ex sindaco di Messina e attuale primo cittadino di Taormina, Cateno De Luca, con la presenza del simbolo de ‘I civici in movimento con Pirozzi’.

Pirozzi, perché candidarsi con la coalizione messa in piedi da Cateno De Luca?

«In realtà avevo deciso di lasciar perdere con la politica. Avevo avuto incarichi anche importanti, ad esempio come responsabile dipartimento protezione civile della Lega, nell’ambito del centrodestra. Quando però ho capito che certi temi non erano più una priorità per questi partiti, per coerenza, perché sono un uomo di ideali e non di ideologie, ho lasciato. Tanto che non mi sono ricandidato né alle regionali né alle politiche. Poi però un giorno mia figlia mi ha detto: ‘Papà, mi sembra ieri che c’è stato il terremoto, perché non provi a fare qualcosa?’. Ho sentito scattare qualcosa, ho parlato con un po’ di amici e anche con Cateno, che da sindaco sa bene quali sono i problemi reali delle persone. Così ho deciso di impegnarmi di nuovo, con questo raggruppamento che ha al proprio interno anche il logo dei ‘Civici in movimento’ con il mio nome. L’ho fatto semplicemente perché questa è una battaglia giusta».

Cosa può portare Sergio Pirozzi in Europa?

«Fondamentalmente l’esperienza. Nel 2022 andai a Bruxelles, come consigliere regionale del Lazio, per proporre un piano europeo per la prevenzione. Ci sono 90 milioni di europei che vivono in zone ad alto o altissimo rischio sismico. Beh, in quella occasione non c’era un solo europarlamentare presente. Sempre come consigliere regionale ho dato vita all’unica legge in Italia sulla prevenzione sismica che assegnava risorse a fondo perduto a chi migliorava il livello di sicurezza delle proprie abitazioni. A me sta bene la transizione ‘green’, ma prima mettiamo al sicuro le nostre popolazioni e i beni culturali. In Italia il 50% delle abitazioni sono state costruite prima del 1974, ovvero l’anno di entrata in vigore della prima legge che parla di sicurezza delle case sul piano sismico. Questo vuol dire che in tanti, ancora oggi e in tutta Europa, non sono al sicuro e nessuno ha creato condizioni di sicurezza adeguate. I fatti, purtroppo, lo dimostrano e ad ogni tragedia noi perdiamo anche un pezzo rilevante del nostro patrimonio storico e culturale, che vuol dire perdere anche un pezzo di futuro, turismo, economia, prospettive. Ad oggi l’Unione Europea ha messo sul piatto 8 miliardi di euro per le calamità naturali: un fondo, ogni quinquennio, da ripartire fra gli Stati membri in base ai rischi presenti, è una strada percorribile. A me interessa salvare vite umane ma questa azione avrebbe benefici diretti anche in termini di Pil, tutela dell’ambiente, visto che non stiamo parlando di nuove costruzioni, e quindi miglioramento generale della qualità della vita».

Umbria, Lazio, Marche, territori accomunati da aree interne tanto ricche in termini di natura, storia e qualità della vita, quanto prostrate dall’assenza di servizi, collegamenti. E colpite anche da drammi come il sisma. Cosa si può fare in un’ottica sistemica?

«In Regione proposi, ma l’idea non passò, che il 20% dei fondi di provenienza comunitaria venissero utilizzati per migliorare servizi e infrastrutture delle aree interne, da Internet ai collegamenti stradali. Questo attraverso un modello fondato sulla cosiddeetta ‘fiscalità di vantaggio’, con la revisione dei vechi criteri Cipe elaborati nel 2008. La verità è che per le aree interne, patrimoni per l’Italia anche sul piano turistico, si può fare molto. Tante realtà sono tagliate fuori dal sistema, vedono sparire servizi, opportunità, ragioni per viverci. Se ad esempio la sanità, che deve essere universale e accessibile a tutti, potesse contare sulla tassazione degli extraprofitti bancari, le cose funzionerebbero molto meglio per tanti cittadini. Invece ci si tira indietro di fronte a determinare lobby. Ma le persone non sono numeri, le storie e le esigene di ciascuno non possono essere ridotte a statistiche. Questi valori di equità e giustizia, che sento profondamente miei, sono pronto a portarli in Europa».

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