Il licenziamento dei ‘furbetti del cartellino’ di Stroncone è legittimo: a stabilirlo sono stati i giudici del tribunale di Terni Manuela Olivieri e Michela Francorsi, che hanno respinto con due distinte ordinanze i primi due dei quattro ricorsi promossi davanti al giudice del lavoro dai dipendenti comunali licenziati a seguito dell’inchiesta dei carabinieri che nel 2016 aveva accertato irregolarità nell’obbligo di presenza e di timbratura dei cartellini.
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I motivi del ricorso A rendere noto la decisione è lo studio legale associato Crescimbeni Lavari, che assiste l’amministrazione comunale. Nei ricorsi sostanzialmente i dipendenti avevano evidenziato vari vizi procedurali, tra cui l’illegittima costituzione in capo al segretario comunale dell’Ufficio per i provvedimenti disciplinari (Upd) e l’erronea applicazione da parte del Comune della fattispecie normativa applicabile alla fattispecie concreta: non di falsa attestazione della presenza in servizio – legittimante il licenziamento – si sarebbe trattato a loro dire, bensì della diversa fattispecie della elusione dei sistemi di rilevamento della presenza, che legittima solo sanzioni conservative e non già risolutive del rapporto.
La giustificazione Inoltre nel ricorso i due sostenevano la tesi secondo cui, nel momento in cui i cartellini personali venivano timbrati da altri colleghi, il titolare del cartellino era comunque presente al lavoro, in quanto già entrato nel perimetro dell’autoparco comunale (il settore dove lavoravano i lavoratori licenziati). Tesi basata sulla collaborazione tra colleghi, obbligata anche dalle dimensioni ristrette del container ove era collocata la macchina marcatempo, dimensioni che impedivano agli addetti di accedere contemporaneamente. «Tesi molto suggestiva – commentano dallo studio Crescimbeni Lavari – che, laddove non adeguatamente contrastata da parte del Comune, avrebbe condotto all’annullamento dei provvedimenti di licenziamento» .
Gli accertamenti Attraverso le deposizioni dei carabinieri di Terni e di Stroncone che hanno chiarito al giudice le modalità anche tecniche di svolgimento delle indagini (telecamere e Gps) è stato invece possibile appurare che, quando i cartellini venivano timbrati dai colleghi in entrata o in uscita dall’autoparco comunale, gli interessati non erano presenti perché ancora non arrivati presso l’autoparco o perché già usciti. Pressoché quotidiana sarebbe stata anche la presenza al Bar Point vicino all’autoparco per pause caffè di non breve durata.
Le ‘censure’ del tribunale «I giudici – concludono dallo studio Crescimbeni Lavari – hanno quindi censurato sia la tempistica delle pause caffè sia l’allontanamento anzitempo senza relativa timbratura dal luogo di lavoro, sia ancora timbrature di presenze non effettive sul medesimo luogo di lavoro, qualificando gli accadimenti come falsa attestazione della presenza in servizio mediante l’alterazione del sistema di rilevamento delle presenze. Condotta ritenuta sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo di gravità tale da ledere immediatamente il vincolo fiduciario e sanzionabile con il licenziamento senza preavviso».