Si chiude con tre assoluzioni, che ribaltano il verdetto di primo grado, il ricorso davanti alla terza sezione giurisdizionale centrale di appello presentato da altrettanti medici in passato in servizio all’ospedale ‘Santa Maria’ di Terni, condannati nel 2021 a pagare oltre 183 mila euro totali di risarcimento del danno per aver svolto tra il 2015 e il 2019 attività intramoenia ‘extramuraria’ presso uno studio privato di Civita Castellana (Viterbo). Attività che sarebbe stata svolta – questa la tesi della procura regionale della Corte dei Conti – senza la necessaria autorizzazione da parte dell’azienda ospedaliera, a cui i tre erano legati dal vincolo di esclusività , per il quale percepivano un’indennità .
I giudici di appello hanno invece escluso la responsabilità erariale dei professionisti, condannando il Santa Maria e in parte minore la Usl Umbria 2 a pagare le spese legali, in assenza di «sufficiente prova della sussistenza e consistenza del danno». Secondo gli stessi giudici, infatti, «nel caso di attività extra-muraria, a fronte di penalizzazioni retributive e di carriera, il medico ha facoltà di svolgere, in aggiunta all’attività istituzionale, attività libero-professionale, trattenendo integralmente i compensi per quest’ultima percepiti».
I tre medici (R.C, S.G. e S.C. le loro iniziali) in primo grado erano stati condannati a pagare circa 60 mila euro ciascuno. La vicenda affonda le proprie radici nell’indagine ‘Panacea’ della Guardia di finanza di Civita Castellana e della procura di Viterbo che, oltre ad aver avuto risvolti sul piano penale, nel 2020 era finita all’attenzione anche della magistratura contabile umbra.
Terni, attività non autorizzata fuori dal ‘Santa Maria’: 3 medici condannati a pagare