La settimana scorsa, il corsivo di Walter Patalocco era dedicato all’assessore alla cultura del Comune di Terni, Giorgio Armillei: “Terni e l’università, l’assessore è solo” era il titolo. Da quello prende spunto, per una riflessione, Enrico Melasecche. Ecco il suo intervento.
di Enrico Melasecche,
Lista Civica ‘I love Terni’

La II Commissione consiliare ha dibattuto a lungo il tema e, in presenza dello stesso Armillei, ha predisposto un atto di indirizzo nei suoi confronti, su proposte iniziali della opposizione, che costituisce una sorta di “viatico” o se si preferisce un “sollecito a muoversi” considerato che siamo giunti quasi al giro di boa di questa consiliatura con la giunta che appare in molti casi immobile, in altri alla ricerca ancora della propria identità.
La situazione attuale sul tema università non è grave, ma gravissima e i dati riportati sono reali, addirittura peggiori in prospettiva se si analizzano le nuove iscrizioni ad ingegneria, ridotte a quindici matricole, giovani questi che dovrebbero costituire il nostro nuovo management della siderurgia, della chimica, della meccanica. Non va male Medicina solo perché è a numero chiuso ed attrae quindi studenti che non hanno possibilità di ingresso presso corsi di laurea più blasonati. Economia sopravvive perché comunque rilascia una laurea con un’ampia gamma di prospettive.
Quindi, tornando al titolo del fondo di Patalocco, Armillei non è solo ma, secondo me, mal accompagnato. Non è solo perché da anni alcune voci si erano levate dal consiglio comunale per dare l’allarme su quanto stava avvenendo. Armillei era già responsabile dell’Ufficio del Piano Strategico e sapeva bene quale rischio andava correndo il Polo Universitario di Terni se la riforma Gelmini che si andava applicando fosse stata applicata in modo bottegaio dall’Ateneo e da Perugia rispetto a Terni, il parente povero del sud. Altre università hanno agito all’opposto.
Armillei partecipò in prima persona alla organizzazione del noto convegno in Vescovado, le cui conclusioni sollecitavano a Palazzo Spada le cinque direttrici di sviluppo fra cui quella universitaria. Di Girolamo sindaco nei successivi cinque decisivi anni nominò Assessore all’Università Sandro Piermatti e Direttore Generale Tarquini. Ciò che è accaduto è storia.
Se qualcuno è mancato all’appello è stata la politica ternana ed umbra che non è stata in grado, o non ha voluto, imporre al Magnifico Bistoni una visione moderna ed aperta dell’Università “regionale” che si era andata sviluppando con Ciaurro e poi grazie anche ad Enrico Micheli, nel primo quinquennio Raffaelli. Le leve Catiuscia Marini le aveva tutte, a cominciare dal rapporto con l’Università che si andava consolidando nelle due Aziende Ospedaliere.
Terni aveva investito moltissimo, a parte alcuni errori a Scienze Politiche nella progettazione di alcuni corsi di laurea, troppo ideologici e quanto privi di mercato, investimenti che non ha mai fatto il Comune di Perugia che ha sempre vissuto di rendita sull’Università. Avevamo presenze variegate ed interessanti, dal corso di laurea in Lingue, Scienza della Formazione (cinematografica e televisiva) prima del tracollo indegno di Papigno e del Centro Multimediale, Scienze Politiche, oltre ai tre classici di Medicina, Ingegneria ed Economia, nell’ambito delle Facoltà che, chiariamolo una volta per tutte, sono rimaste sempre stabilmente insediate a Perugia.
Avevamo raggiunto risultati estremamente significativi, con oltre 4 mila studenti, risultati che, al momento della riforma Gelmini, la politica locale non ha saputo difendere con determinazione provocando un regresso pesante. Con il passaggio della organizzazione basate sulle Facoltà a quella incardinata sui Dipartimenti o si dava a Terni la possibilità di dividere la torta delle diciotto nuove strutture che andavano a costituire il cervello ed il cuore del nuovo ateneo, oppure il destino sarebbe stato segnato.
Ne chiedemmo tre, pronti ad accettarne uno solo, pur di salvare un principio ed un ruolo che ci è stato volgarmente negato. Cappotto completo. Non ho sentito un solo grido di sfida o, successivamente di dolore, quello vero, da parte del sindaco e del PD ternano. Il tracollo ha padri e madri. Oggi, a buoi usciti dalla stalla, cosa può fare il povero Armillei? È il sindaco che deve supportarlo avendogli assegnato una “delega a perdere”, è la Marini, impegnata oggi a salvare se stessa, che dovrebbe disegnare con noi un nuovo progetto, salvando il salvabile, rilanciando un Ateneo federato con altre Università, ma che Perugia di nuovo non vuole perché preferisce gestire in Terni una sorta di appendice didattica, senza inutili voli pindarici di una ricerca che costa ma non rende e soprattutto, evitando bene di far entrare in Umbria università concorrenti.
Armillei se va da solo a bussare alle porte di Palazzo Donini e a Piazza dell’Università neanche gli aprono. Giuseppe Croce, che conosce molto bene anche per ragioni professionali il mondo universitario, si chiedeva con un paradosso: se questo è il declivio segnato non conviene chiudere i battenti e aiutare un centinaio di giovani ternani meritevoli a laurearsi presso università prestigiose italiane o straniere? Il sindaco liquidato con la Marini l’ISRIM, il Consorzio per le Aree Industriali, il BIC, Umbria Innovazione, adesso, dopo aver deliberato l’assegnazione della ex Foresteria della Terni al centro sociale di Mario Andrea Bartolini, la mette in svendita.
Peccato che con Ciaurro l’avevamo acquistata per ospitare il Polo Universitario, il Rettorato e la Segreteria Studenti e dare a Terni un centro da città universitaria che attraesse e pulsasse, obiettivo mai conseguito con convinzione nonostante, almeno quello, alla nostra portata. Neanche i compiti a casa. Allora una domanda si pone: “Armillei è solo o mal accompagnato?”