di Fra.Tor.
Sono di nuovo in sciopero i dipendenti di Terni della società di consegne Gls. Come già avvenuto a febbraio, da giovedì mattina sono davanti all’ingresso della sede, in strada di Sabbione, per protestare contro alcune decisioni prese dall’azienda e in particolare per alcune voci ‘congelate’ in busta paga.
«Anche questa volta – raccontano i lavoratori – ci sono arrivati i bonifici dello stipendio senza busta paga, quindi è difficile controllare cosa manca. Facendo dei rapidi calcoli ci siamo resi conto che ci è stata ‘congelata’ la forfettizzazione di indennità di trasferta, violando così l’accordo di secondo livello».
Oltre a questo i dipendenti all’azienda osservano che «da gennaio non ci è stata rinnovata la copertura assicurativa, ci è stato detto di presentare le eventuali fatture mediche e che poi saremo rimborsati, ma per noi questa cosa non è regolare. Come se non bastasse, inoltre, continuano a mandarci in giro con furgoni fatiscenti, con fumo che esce dal cambio e con freni a mano rotti. Siamo stanchi di essere presi in giro e finché non avremo certezze e chiarezza, da qui non ci muoviamo».
Sul punto, Alleanza Verdi e Sinistra di Terni esprime «pieno sostegno all’agitazione proclamata dalle lavoratrici e dai lavoratori della sede Gls di Terni che si trovano nuovamente a fronteggiare le stesse criticità denunciate già a metà febbraio. In quell’occasione, la proprietà della società che gestisce la sede aveva cancellato unilateralmente alcuni istituti contrattuali, come la forfettizzazione dell’indennità di trasferta. Una situazione analoga si è ripresentata con le ultime buste paga – affema Alleanza Verdi e Sinistra -, confermando la persistenza di pratiche scorrette e penalizzanti per i dipendenti. Questa vicenda riaccende i riflettori sullo stato critico del settore della logistica, sia a livello regionale che nazionale. La catena dei subappalti, l’utilizzo di contratti ‘pirata’ e il mancato rispetto delle tutele contrattuali sono ormai modalità diffuse nel comparto, complice anche l’adozione di tariffe sempre più basse da parte delle grandi committenze, tra cui spiccano i nomi delle big tech, che finiscono per comprimere i salari fino a livelli al limite della sussistenza».
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