Tre anni di reclusione ciascuno, con le modalità del rito abbreviato: queste le pene inflitte dal gup di Terni Chiara Mastracchio a due uomini di nazionalità tunisina di 36 e 25 anni, accusati di lesioni personali aggravate. I due erano stati arrestati dalla squadra Mobile di Terni lo scorso febbraio, dopo aver aggredito brutalmente un connazionale all’interno di un’abitazione di via Battisti. Quest’ultimo, 19enne, si era visto colpire a più riprese con un coltello, con il quale gli aggressori gli avevano causato gravissime lesioni al braccio e alla mano sinistra, quasi amputata. In aula il pm ha chiesto condanne pari a 4 anni ciascuno. Dopo il fatto di sangue, avvenuto la sera del 10 febbraio, il giovane era fuggito verso piazza Dalmazia dove, dopo aver lasciato evidenti tracce di sangue lungo il tragitto, era stato soccorso dal personale e dai clienti di una gelateria e quindi dai sanitari del 118. Trasportato d’urgenza in ospedale, era stato poi sottoposto ad un delicato intervento chirurgico nel tentativo di salvargli l’arto. Le indagini della polizia erano partite immediatamente, fra Volante, Scientifica e Mobile. E nel giro di un paio di giorni gli inquirenti erano venuti a capo della vicenda, grazie anche agli elementi forniti dalla vittima. Il 19enne, oltre a riconoscere i suoi aggressori, aveva spiegato che quella sera stava giovando alla PlayStation con alcune persone. Una di loro era uscita per andare a comperare le sigarette, salvo poi tornare con altri soggetti con i quali aveva compiuto il fatto di sangue. Il ragazzo era stato ‘accecato’ con spray urticante e quindi ferito con il coltello, riuscendo però a fuggire e scampando a conseguenze forse ancora peggiori. Secondo quanto riferito dal 19enne, gli aggressori non sopportavano che lui parlasse male di loro, ma l’ombra di una vendetta connessa a vicende di droga, da allora ad oggi non si è ancora diradata. I due imputati sono difesi dagli avvocati Lidia Pennacchi e Angela Carlino che potrebbero chiedere, per i propri assistiti, la revoca della custodia in carcere e l’applicazione di una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari.