La speranza, quella dei suoi cari, dei colleghi, degli amici, ha dovuto cedere il passo al dolore in un pomeriggio di fine inverno. Quando domenica, nel reparto di rianimazione del centro grandi ustionati dell’ospedale ‘Sant’Eugenio’ di Roma, il cuore di Sanderson Mendoza, per tutti ‘Sandro’, ha cessato di battere.
Troppo gravi le ustioni di II e III grado riportate su quasi l’80% del corpo, troppo provato il suo pur giovane e sano organismo, dalle ferite e dalle infezioni che non gli hanno lasciato scampo.

Ed anche l’intervento chirurgico a cui venerdì era stato sottoposto dai chirurghi romani, pur riuscito, non ha migliorato un quadro già gravemente compromesso e che in questi giorni ha raramente portato a pensare, razionalmente, ad un esito positivo per questo ragazzo di 26 anni, gioviale, stimato, sempre con la battuta pronta. Nato in Ecuador ma ternano e italiano, che lascia i genitori – rientrati in Italia nelle ore successive il grave incidente sul lavoro -, la compagna con cui viveva nella zona dell’ospedale e tante persone che gli volevano bene. La tragica notizia ha presto raggiunto Terni, gettando nello sconforto tutti e facendo porre una domanda che, di fronte a simili tragedia, può sembrare ripetitiva. Ma non lo è. «Come è possibile morire per lavoro a 26 anni?».
Di fronte all’inevitabile, le indagini – condotte dalla procura di Terni, nella persona del pm Marco Stramaglia, attraverso carabinieri, vigili del fuoco e Usl Umbria 2 – vedono cambiare anche l’ipotesi di reato, ora ‘omicidio colposo’ e non più ‘lesioni personali colpose’. Spetta all’autorità giudiziaria decidere poi se disporre l’autopsia – nel giro di un paio di giorni la riserva verrà sciolta – per cristallizzare gli elementi ritenuti necessari. Oppure non procedere in quella direzione, a fronte dell’eventuale completezza che le diagnosi fra Terni e Roma potrebbero aver restituito. Appare plausibile che nel giro di qualche giorno, con una parte delle indagini – ad esempio per ciò che attiene testimonianze e rilievi in loco – già sviluppata, possano essere iscritte nel registro degli indagati le prime figure ritenute collegate in qualche modo all’incidente. Che, lo ricordiamo, è accaduto nella prima serata di lunedì 10 marzo all’interno delle acciaierie di Terni.
Sanderson Mendoza, dipendente di Tapojärvi, era stato investito dalle fiamme nella prima serata di lunedì 10 marzo, poco dopo le ore 20, mentre dall’area dei forni Ast si stava dirigendo verso la rampa scorie, alla guida di un mezzo denominato Kirow che trasportava una ‘paiola’ contenente scoria liquida alla temperatura di 800/900 gradi. Secondo l’ipotesi prevalente, il materiale – forse per una buca presente sul percorso – era fuoriuscito dal contenitore, innescando l’incendio che aveva avvolto il mezzo da lavoro. Il giovane operaio era stato subito soccorso e già in quei primi terribili momenti, la situazione era apparsa gravissima.
Tale è rimasta per tutti i giorni del ricovero, fino alla notizia che nessuno avrebbe mai voluto ricevere. In sua memoria, ieri, il consiglio comunale di Terni ha osservato un minuto di raccoglimento e lo stesso è stato fatto – alle 12 italiane – in tutti gli stabilimenti Tapojärvi distribuiti nel mondo. Ast-Arvedi ha invece inteso testimoniare il lutto con le bandiere a mezz’asta all’ingresso dello stabilimento di viale Brin.
Sul fronte sindacale intanto, lo sciopero del personale Tapojärvi, come deciso da segreterie territoriali di Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl e dalle Rsu di Tapojärvi e di Arvedi-Ast – sarà prorogato dalle 22 di lunedì 17 marzo alle ore 14 di martedì 18, con assemblea di tutti i lavoratori, sempre martedì alle ore 9, presso la sede della Cgil di Terni. In merito alle esequie di ‘Sandro’, la cui data deve essere ancora stabilita, le stesse sigle affermano che «seguendo le eventuali volontà dei familiari» garantiranno «la massima partecipazione dei lavoratori e, se necessario, il fermo produttivo su ogni turno di lavoro». Il giorno dei funerali, di sera, è anche prevista «una fiaccolata cittadina da definire insieme alle confederazioni sindacali».
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