Tre condanne ad un anno di reclusione e altrettante a dieci mesi. Il tutto – la sentenza è stata emessa mercoledì dal tribunale di Terni, giudice Simona Tordelli con le modalità del rito abbreviato – per un ‘giro’ di telefonate, diventate di fatto illecite, effettuate da persone ristrette nel carcere di Terni fra l’ottobre e il novembre del 2023.
Sei in tutto, come detto, gli imputati. In sostanza, secondo l’accusa un detenuto 34enne, dopo aver ottenuto dall’amministrazione penitenziaria una scheda telefonica prepagata con cui chiamare esclusivamente l’utenza della propria madre 53enne, sarebbe riuscito – tramite quest’ultima – a dialogare anche con altri soggetti, in violazione della legge.
Sempre secondo l’accusa, la donna – aprendo nuove comunicazioni telefoniche o accedendo al trasferimento di chiamata – avrebbe permesso al figlio, e non solo, di parlare con soggetti non autorizzati. Nel dettaglio, almeno altri quattro detenuti, facendosi prestare la scheda e usandola per chiamare l’unico numero autorizzato, quello della donna, sarebbero riusciti a contattare con lo stesso sistema altri soggetti esterni al carcere.
A seguito delle indagini della polizia Penitenziaria, i sei – difesi dagli avvocati Francesco Mattiangeli (difensore di quattro imputati), Cinzia Calvanese e Alessio Pressi – sono finiti a processo, giunto alla sentenza di primo grado che ha visto sensibilmente ridotte, nelle decisioni, le richieste avanzate dalla pubblica accusa. «Sono moderatamente soddisfatto per l’esito – afferma l’avvocato Mattiangeli -, viste le premesse accusatorie e anche il fatto che le pene detentive sono state convertite in pene pecuniarie, secondo i dettami della legge Cartabia».